ROMA – In Algeria la strage degli ostaggi. Il Corriere della Sera: “Raid dell’esercito algerino al sito petrolifero in mano ai terroristi a In Amenas: uccisi decine di ostaggi. Ira di Stati Uniti e Gran Bretagna. L’Europa valuta l’intervento in Mali.”
Così il blitz in Algeria è finito nel sangue. L’articolo a firma di Lorenzo Cremonesi:
“Che non ci fosse spazio per la trattativa era stato evidente sin da mercoledì sera. «Non negozieremo con i terroristi», aveva dichiarato perentorio dalla capitale lo stesso ministro degli Interni Daho Ould Kabila. Parla per esperienza diretta. Il governo algerino adatta in questo caso la stessa strategia dell’inflessibilità che applicò per tutti i sanguinosi anni Novanta nel braccio di ferro con il Fronte Islamico. Oltre 200.000 morti in meno di 10 anni. Tutt’oggi regna il timore che qualsiasi segno di debolezza possa riportare all’incubo dell’era degli attentati e dei massacri. E ciò spiega anche quanto la popolazione algerina sia per lo più riottosa nello scendere in piazza contro il governo di Abdelaziz Bouteflika, preferiscono in genere la stabilità del regime alle incertezze della rivoluzione. Dal Pentagono sottolineano oltretutto che Al Qaeda è all’origine di quest’ultima azione contro gli stranieri. La destabilizzazione del confinante Mali fa paura. Ad Algeri specificano dunque che questo è un affare per l’esercito. Nessuno spazio per la diplomazia, nessun cedimento. Bouteflika stesso resta defilato. Non rilascia neppure una dichiarazione. Ministero della Difesa e stato maggiore dell’esercito fanno corpo unico per risolvere il problema velocemente e a qualsiasi prezzo. Così a In Amenas l’attacco è subito violento. In blitz di questo genere i primi minuti sono fondamentali. Svanito l’effetto sorpresa, la posizione degli ostaggi si fa subito estremamente precaria. L’intelligence algerina è aiutata dalle informazioni, con tanto di grafici e fotografie, fornite dai servizi occidentali. Francesi, inglesi e americani passano le immagini raccolte dagli aerei senza pilota mandati in tutta fretta nei cieli della regione. Prima sparano con i cannoncini e le mitragliatrici pesanti degli elicotteri, poi irrompono le unità delle teste di cuoio appena atterrate. «Ma l’attacco ha incontrato ben presto grandi difficoltà. I guerriglieri qaedisti sono buoni combattenti. Sono ben armati, si fanno scudo con i civili inermi. Sanno che gli ostaggi occidentali hanno un valore particolare e li usano con astuzia. Oltretutto si deve operare in un ambiente estremamente pericoloso. Ci sono le condotte e i silos pieni di gas altamente infiammabile. Il rischio di provocare una gigantesca esplosione è continuo», notano ad Al Watan, uno dei maggiori quotidiani di Algeri. E’ lo stesso problema incontrato nel 2011 dalle forze Nato quando si trovarono ad affrontare le brigate di Gheddafi nelle zone delle strutture petrolifere libiche.”
Europa e Usa irritati: «Tenuti all’oscuro, vogliamo spiegazioni». L’articolo a firma di Stefano Montefiori:
“Hollande avrebbe preferito che la Francia venisse maggiormente coinvolta nella preparazione del blitz — il suo entourage parla di «toni accesi» negli scambi con Algeri — ma per il momento il presidente si guarda bene dal formulare critiche esplicite. Tre giorni fa a sorpresa l’Algeria ha concesso all’aviazione francese il sorvolo del suo territorio, permettendo ai Rafale di partire direttamente dalla Francia per andare a bombardare le posizioni dei terroristi nel Nord del Mali; è in risposta a quella decisione a favore di Parigi che i terroristi hanno colpito in territorio algerino e la Francia non vuole danneggiare i rapporti con il presidente Bouteflika. Il suo appoggio all’operazione Serval è molto importante dal punto di vista politico oltre che militare. Ma gli altri leader degli Stati coinvolti hanno meno premure. Il premier britannico David Cameron, che ha rinviato l’importante discorso sull’Europa previsto oggi in Olanda, ha seguito la situazione per tutta la giornata in contatto telefonico con Hollande e il presidente americano Barack Obama e ha fatto sapere che avrebbe «preferito essere informato in anticipo del blitz». “
La Francia: «Possibile l’intervento di truppe di Paesi europei in Mali». L’articolo a firma di Ivo Caizzi:
“L’esasperazione della situazione in Mali ha convinto l’Unione Europea ad approvare d’urgenza l’invio sul posto di una missione per l’addestramento dell’esercito locale, che di fatto diventa anche un appoggio all’intervento militare lanciato la settimana scorsa dalla Francia contro i ribelli integralisti islamici insediati nella parte Nord del Paese. Ma nel Consiglio straordinario dei ministri degli Esteri dell’Ue, a Bruxelles, è emersa anche la disponibilità di alcuni governi a impegnarsi con l’invio di truppe e armamenti. Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha affermato che «è possibile che dei Paesi europei decidano di contribuire non solo con il sostegno logistico, ma anche mettendo a disposizione dei soldati».”
Dieci domande per capire i misteri del redditometro. L’articolo a firma di Antonella Baccaro:
“Era prevedibile. Contro il redditometro delle polemiche è arrivato il primo ricorso alla giustizia amministrativa. L’associazione dei consumatori Adusbef ha dato mandato ai propri legali di impugnare «in tutte le opportune sedi», dalle Commissioni tributarie al Tar del Lazio, il decreto ministeriale sul redditometro «affetto da rilevanti vizi di illegittimità, anche di ordine costituzionale, che invece di contribuire alla lotta all’evasione e all’elusione fiscale, sta ottenendo l’effetto di un ulteriore risentimento dei contribuenti onesti, spesso perseguitati, verso il Fisco e un vero e proprio Stato di polizia fiscale». Ma qual è l’addebito? Il nuovo redditometro, secondo l’Adusbef, è «in palese violazione degli articoli 3, 24 e 53 della Costituzione e dello Statuto dei diritti del contribuente, poiché pone a carico del cittadino contribuente l’onere della prova, che in qualsiasi civiltà giuridica dovrebbe essere posto in capo all’amministrazione pubblica, la quale dispone di strumenti invasivi e di accesso ai conti correnti bancari e postali, non c’entra nulla con la lotta all’evasione, assomigliando a uno strumento coercitivo teso a terrorizzare i contribuenti onesti piuttosto che gli evasori».”
«Incertezza politica, capitali via dall’Italia». L’articolo a firma di Marika de Feo:
“D’altra parte, l’istituto guidato da Mario Draghi nota che «altri fattori hanno influito in modo positivo sul clima del mercato», come l’accordo sulla vigilanza paneuropea sotto la guida della Bce e il successo del riacquisto di titoli greci da parte di Atene. Al tempo stesso l’accordo sul fiscal cliff negli Usa ha contribuito a un miglioramento della percezione del rischio e i rendimenti dei titoli di Stato con rating di Tripla A sono passati dai minimi storici «all’1,8% circa». Ma al miglioramento dei mercati finanziari e dei conti pubblici di Eurolandia, con l’inflazione vista ricadere sotto il 2%, non è ancora seguita una schiarita nella crescita economica. Stimata debole, sia pure con alcuni segnali di stabilizzazione su un «livello basso» e una ripresa «nel corso dell’anno», grazie a un «orientamento accomodante» della politica monetaria. C’è una punta di maggiore ottimismo rispetto a una settimana fa, quando Draghi aveva segnalato un miglioramento solo verso la fine del 2013. Intanto anche ieri l’euro ha messo a segno un nuovo rialzo – a 1,3297 dollari – accompagnato dai mercati azionari, anche se il quadro complessivo rimane incerto, con il credito ancora debole e una disoccupazione di nuovo cresciuta alla fine del 2013. Christine Lagarde, direttore del Fondo Monetario Internazionale, ha esortato la Bce a «tagliare i tassi di interesse», «per sostenere la domanda», mentre finora i mercati ritengono che ciò potrebbe avvenire solo se la situazione economica peggiorasse ulteriormente.”
Patti elettorali, lite tra leader Bersani: no ai partiti personali. L’articolo a firma di Alessandro Trocino:
“La trattativa sugli accordi, alla luce del sole o sotterranei, per apparentamento o per desistenza, resta il tema principale di questa campagna elettorale. Che per il Pd di Pier Luigi Bersani è cominciata ieri al teatro Ambra Jovinelli di Roma, con un affondo durissimo contro i partiti personali. E mentre Mario Monti si sta preparando per il debutto della campagna (domenica a Bergamo), Silvio Berlusconi continua il suo tour tv attaccando i magistrati che lo vogliono «mandare a casa come nel ’94». Intanto Michele Santoro, in apertura di «Servizio Pubblico», si difende dalle accuse di aver fatto crescere Berlusconi nei sondaggi, attacca Bersani, Monti, Grillo e i grandi quotidiani come «Repubblica» e «Corriere della Sera»: «Una sola regola concordata: si parla di tutto, ma senza entrare nei processi. Quella puntata è stato un trionfo di democrazia».”
La cricca sinistra-destra viaggia sull’alta velocità. Il Fatto Quotidiano: “Nell’affare: coop rosse, camorra, l’ex presidente della Regione Umbria Lorenzetti ed Ettore Incalza, vicino all’ex ministro berlusconiano Lunardi. Il costo degli appalti è lievitato da 500 milioni a 800 milioni di euro. 36 indagati dalla Procura di Firenze Lillo.”
Toghe azzurre? L’editoriale a firma di Marco Travaglio:
“Oggi i giornali traboccheranno di elogi per i giudici della IV sezione del Tribunale di Milano, che ieri hanno accolto la richiesta dei legali di Silvio Berlusconi, on. avv. Ghedini e Longo, di sospendere fino a dopo le elezioni il processo per rivelazione di segreto d’ufficio a proposito del nastro rubato con la celebre telefonata Fassino-Consorte (“Allora, siamo padroni di una banca?”) e pubblicato sul Giornale di famiglia nel gennaio 2006. La decisione è in controtendenza con quella opposta assunta tre giorni fa da altri tre giudici della stessa IV sezione, che han respinto analoga richiesta nel processo Ruby perché “il Tribunale non può operare valutazioni di opportunità largamente intese come suggerito dalla difesa”, e si accingono a emettere la sentenza prima delle elezioni. Dunque sono toghe rosse. Intendiamoci: formalmente sono legittime entrambe le decisioni, perché la legge non impone né esclude questi stop, rimettendosi alla discrezionalità del giudice. Ma la motivazione letta dal presidente Oscar Magi introduce un precedente pericoloso e un principio sconcertante: “Si tratta di riconoscere esigenze legate all’esercizio di un diritto costituzionalmente riconosciuto all’art. 51 della Costituzione”. E che dice l’articolo 51 della Costituzione? “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza”, perciò “la Repubblica promuove le pari opportunità tra donne e uomini…”. Non è questo il nostro caso.”
Voto in tv, Berlusconi da record. La Stampa: “Da Natale oltre due apparizioni al giorno. Subito dietro Monti, staccato Bersani.”
In video per 63 ore Berlusconi stacca Monti e Bersani. L’articolo a firma di Mattia Feltri:
“Ogni lasciata è persa: l’applicazione alle trasmissioni televisive di una filosofia di vita è la carta così poco segreta e così redditizia di Silvio Berlusconi. Non c’è microfono o telecamera trascurabile, in questa campagna elettorale tambureggiante, non soltanto per le liti di ringhiera e le zuffe di cortile. Dalla vigilia di Natale a lunedì scorso, 14 gennaio, e cioè in ventuno giorni disseminati di festività, il capo del Pdl ha accettato cinquantaquattro ospitate, in televisione, alla radio, alle dirette in Rete; una media di oltre due al giorno, Natale e Capodanno compresi, e pedalare anche alla Befana: tutto fa brodo. Una tournée debordante a occhio nudo, con Servizio Pubblico come tappa scintillante, e tante altre già nella memoria di questa nostra breve stagione: l’inedito bisticcio con Bruno Vespa a Porta a Porta , la cruciale cartellata in testa a Marco Damilano a Omnibus , l’abbordaggio a Ilaria D’Amico malinconicamente toppato a Lo Spoglio . Se pare un’invasione, figurarsi a guardare col binocolo. Dal telegiornale di Alto Adige Tv all’approfondimento di Tele Molise fino agli spazi politici di La Nuova Tv , emittente lucana, Berlusconi ha sfidato le latitudini e si è offerto agli ascoltatori (ed elettori) dell’ultima contrada e della valle più remota. Una performance di straordinaria generosità e di ammirevole tenuta fisica, da cui gli avversari dovrebbero imparare qualcosa, se non è troppo tardi. Si è sentito il Grande Arzillo promettere la mutilazione delle tasse a Teleradiostereo , opporre un ritrovato orgoglio nazionale a Radio Norba , tratteggiare scenari gloriosi a Canale Italia, infuocarsi per il poliziesco redditometro a Bergamo Tv .”
Il ribaltone. L’articolo a firma di Guglielmo Buccheri:
“Il nastro si riavvolge e il Napoli torna al punto di partenza: via il meno due in classifica e, via, la squalifica di sei mesi per il capitano Paolo Cannavaro e per il compagno di squadra Gianluca Grava. A deciderlo sono stati gli undici giudici della Corte Federale della Federcalcio al termine di una camera di consiglio durata sei ore. Come mai la giustizia sportiva ribalta così radicalmente una sua sentenza fra primo e secondo grado, perdendo, a dire il vero, un po’ di credibilità agli occhi del mondo esterno? Un mese fa, quando la corte di primo grado, la Commissione Disciplinare, decise per la condanna di club e giocatori, c’era un portiere, Matteo Gianello, che aveva ammesso sia davanti ai pm della procura della Repubblica di Napoli, sia davanti agli investigatori federali, di aver provato a combinare la sfida del 16 maggio del 2010 fra la Sampdoria e il Napoli, contattando proprio Cannavaro e Grava. Stefano Palazzi, pm del pallone, sostenne l’accusa di tentato illecito, la Disciplinare sanzionò il club facendosi guidare dal cosiddetto «tariffario» in casi del genere e i due giocatori pagarono per non aver denunciato il contatto ricevuto, benché rifiutato drasticamente, dal loro collega. Oggi quel portiere, Matteo Gianello, non è sparito, anzi. A sparire è l’accusa di tentato illecito perché, per la corte d’appello della Figc, lo stesso Gianello si è macchiato soltanto di slealtà sportiva e di conseguenza, codice alla mano, per un tale reato un club non può rischiare altro che una semplice sanzione economica come è capitato al Napoli (da qui l’assoluzione per Cannavaro e Grava in quanto non avevano più alcunché da denunciare).”