ROMA – Lo spazio non è fatto per i batteri. Un esperimento condotto in orbita sulla Stazione spaziale internazionale ha dimostrato che i batteri accusano la fame nello spazio e per riuscire a sopravvivere sono costretti a mutare il proprio Dna, utilizzando quello che può essere definito un kit genetico di emergenza. Gli astronauti e biologi a bordo della Iss hanno studiato e confrontato il Dna dei batteri costretti a vivere in un ambiente di microgravità con quelli rimasti sulla Terra, notando che per sopravvivere alla “carestia” mettono in atto una mutazione del proprio corredo genetico.
Lo studio è stato coordinato da Luis Zea, ricercatore della University of Colorado di Boulder, e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Plos One. I ricercatori hanno messo a confronto il Dna di comuni batteri Escherichia coli coltivati nei laboratori terrestri con quelli ritornati dalla Stazione spaziale internazionale. Hanno così scoperto che i batteri nello spazio ‘accendono’ una serie di geni che modificano il metabolismo: tra questi, ci sono i geni necessari alla produzione degli amminoacidi, quelli che favoriscono l’uso del glucosio e quelli che permettono di sfruttare altre risorse di carbonio alternative. Secondo i ricercatori, questa strategia potrebbe rappresentare una reazione alla ridotta disponibilità di glucosio, supportando l’ipotesi del ridotto movimento delle molecole nell’ambiente extracellulare in cui i batteri si trovano a vivere.
Lo stesso meccanismo potrebbe spiegare altri comportamenti anomali osservati in passato nei batteri ‘spaziali’, che in assenza di gravità tendono a moltiplicarsi più velocemente rispetto agli omologhi terrestri, diventando più pericolosi e meno sensibili agli antibiotici. Tutte informazioni preziose che in futuro potranno essere utili a migliorare la sicurezza degli astronauti impegnati in missioni di lunga durata.