
ROMA – In quella stanza la luce non si spegneva mai. Mussolini la teneva sempre accesa a significare che il governo non riposava mai. Era la Sala del Mappamondo di Palazzo Barbo a Roma, meglio noto come Palazzo Venezia dal nome dell’omonima piazza, sede del quartiere generale del fascismo oggi utilizzata per le mostre. Da quel balcone il Duce si affacciò per arringare le folle e fare proclami, nonché per dichiarare guerra alla Francia e al Regno Unito il 10 giugno del 1940.
Oggi, quella finestra sul mondo affidata ai ricordi in bianco e nero delle pellicole dell’Istituto Luce, riapre al pubblico dopo un accurato restauro che ha interessato l’intera facciata dell’edificio. A dare la notizia è stato il sottosegretario ai Beni culturali del Comune di Roma, Francesco Maria Giro. L’idea è quello di farvi accedere i visitatori nell’ambito delle mostre. «Era tenuto in maniera indecente», ha commentato Giro. Il balcone era ormai adibito a deposito di attrezzature tecniche. Praticamente un magazzino. «Cade la damnatio memoriae del balcone», ha detto il sottosegretario riferendosi alla condanna, in uso nell’antica Roma, consistente nell’’eliminazione di tutte le memorie e i ricordi destinati ai posteri. «Una cosa è il balcone e una cosa è l’uomo – ha spiegato – è giunto il momento di superare questo tabù».
In attesa che quella luce si riaccenda, la Sovrintendenza del Polo Mussale sta ancora valutando se il balcone sarà solo visibile dall’interno della sala o se ci si potrà affacciare. Meglio evitare scomode imitazioni del Duce, dunque. Il rischio di apologia del fascismo è dietro l’angolo.
*Scuola di Giornalismo Luiss