L’ultima invenzione degli scienziati giapponesi della Fujitsu รจ un orsetto di peluche capace di consolare chi si sente solo modellando le proprie reazioni in base allo stato d’animo del “padrone”.
Programmato per decifrare gesti ed espressioni facciali e rispondere in 300 modi diversi, il robot si comporta come un essere vivente dotato di personalitร ed empatia, con l’unica differenza che a lui, di come si sente il proprietario di turno, non importa assolutamente nulla.
Poco male: il teddybear, a quanto riferisce il sito rawstory.com, รจ stato pensato per far compagnia ad anziani abbandonati in qualche casa di cura e bambini lasciati in pasto alla tv, le due categorie umane piรน fragili e meno selettive, bisognose di affetto al punto di accontentarsi anche di quello artificiale.
Il tutto รจ reso possibile grazie a una telecamera installata nel naso del giocattolo, che permette di intercettare le variazioni dell’umore di chi lo possiede attraverso uno studio computerizzato delle espressioni del viso e dei movimenti del corpo. Se l’orsetto riconosce un comportamento anomalo o una faccia un po’ triste alza la zampa per salutare, ride, russa, e se il volto che ha di fronte piange รจ addirittura capace di porgere un fazzoletto.
“Questo orsetto puรฒ diventare uno di famiglia – spiegano i creatori – e rappresenta un aiuto concreto per le persone in difficoltร . Per questo abbiamo cercato di programmare i suoi gesti all’insegna della spontaneitร e della naturalezza”. Gli scienziati hanno intenzione di sperimentare il peluche nelle case di cura per anziani (molto numerose in Giappone, dove gli uomini vivono in media 79 anni e le donne 86) e, se la sperimentazione avrร successo, di metterlo subito sul mercato.
Giร due anni fa il giapponese Takanori Shibata aveva messo a punto Paro, una foca-robot di 2800 grammi di peso, capace di muoversi, fare versi e reagire ad abbracci e carezze. Finora il futuristico giocattolo, “adottato” a scopi di ricerca anche da alcuni atenei italiani, รจ stato utilizzato con risultati soddisfacenti per curare persone con problemi cognitivi, sensoriali e relazionali, tutte di etร compresa tra i due e i 27 anni.
A marzo di quest’anno gli studenti di Ingegneria dell’Universitร di Tsukuba, a nord di Tokyo, hanno inoltre realizzato Yotaro, un bambolotto simile in tutto e per tutto a un bambino vero, con il viso in silicone morbido e trasparente, capace di rispondere fisicamente alle sensazioni tattili. Le espressioni facciali di questo neonato-robot, pensato per allenare le giovani coppie allo svezzamento di un figlio, sono realistiche in modo impressionante: il naso cola come quello di un essere umano e quando รจ l’ora della poppata gli occhi producono lacrime vere. Il tutto grazie a un computer che converte le sensazioni tattili in pianto, riso e starnuti.
E’ solo di recente che l’interazione uomo-macchina ha definito quella uomo-robot come sua area disciplinare: basti pensare che fino al 2004 le parole chiave “robot” e “human-robot interaction” non erano incluse nella lista delle aree di interesse della CHI (ACM Conference on Human Factors in Computing Systems), una delle piรน autorevoli del settore.
Di recente perรฒ questa branca della scienza ha cominciato a produrre tecnologie che hanno reso possibili studi interdisciplinari, aprendo prospettive ampie e interessanti. Come scrive la ricercatrice Patrizia Marti, del dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Universitร di Siena, le macchine di oggi “sono in grado di eseguire compiti e intrattenere rapporti sociali con altri robot ed esseri umani. Pongono dunque problematiche del tutto nuove per lo studioso di interazione e meritano una riflessione approfondita”.
