Udienza del processo con rito abbreviato presso il Tribunale di Pordenone per l’omicidio di Sanaa Dafani, la giovane di origine marocchina di 18 anni accoltellata a morte alla gola il 15 settembre 2009 in un boschetto a Montereale Valcellina, in provincia di Pordenone .
Accusato della morte della giovane il padre di 45 anni, El Katawi Dafani, che lavorava come cuoco in un ristorante della città . L’uomo non condivideva la relazione della figlia con Massimo De Biasio, di 31 anni, un giovane del luogo con il quale Sanaa era di recente andata a convivere.
Il ragazzo è stato a sua volta ferito alle mani e all’addome dalla furia di El Katawi, «Per la prima volta – spiega all’Adnkronos Soaud Sbai parlamentare del Pdl e presidente di Acmid Donna, associazione donne marocchina in Italia oggi a Pordenone per la nuova udienza del processo – siamo parte civile in un processo. Non avrei mai voluto essere qui per una vicenda così dolorosa. Qui a Pordenone all’interno della comunità marocchina c’è un clima teso, molto teso, sembra essere molto controllata, un controllo che mi angoscia. Una situazione che definirei asfissiante».
«Essere qui oggi – sottolinea Soauda Sbai – è importante e bisogna andare fino in fondo. In questo processo non deve essere riconosciuta nessuna attenuante ma il massimo e la certezza della pena. È morta una ragazza che voleva solo integrarsi, che voleva vivere in questo Paese».
Sbai lancia un appello alla comunità marocchina e anche italiana: «Reagite all’arroganza di certi personaggi che fanno da capi e che vogliono controllare la comunità , che la deviano verso un’integralismo violento, lontano da quella che è l’integrazione».
«C’è un controllo sulla madre di Sanaa – spiegano i legali delll’associazione donne marocchine in Italia Loredana Gemelli e Gerardo Milani – che è patologico, nonostante sia parte lesa aspetta fuori dall’aula senza mai entrare. Emblematico è il fatto che il fidanzato di Sanaa si sia avvicinato e lei abbia risposto che ha avuto ordine di non parlare con lui. Noi a questo punto ci chiediamo: da chi ha avuto quest’ordine?».
