Sistemi di sicurezza inadeguati: come spesso in caso di incidenti sul lavoro, anche in quello avvenuto giovedì 4 all’azienda Eureco di Paderno Dugnano le cause che hanno portato al rogo sono lì, sotto gli occhi di chi vuole vederle.
Come sottolinea Repubblica, i dispositivi di sicurezza erano ridotti al minimo per aumentare i margini di guadagno. Questo nonostante l’attività fosse lo stoccaggio dei rifiuti pericolosi.
Dopo i primi sopralluoghi degli inquirenti è finito sotto esame il sistema di appalti utilizzato dall’azienda di proprietà di Giovanni Merlino. Ad occuparsi della divisione dei rifiuti pericolosi è la Tnl, cooperativa di Milano gestita da Adrian Zekiri, zio del ferito albanese ora ricoverato al Niguarda.
Le ipotesi degli inquirenti. Gli investigatori stanno cercando di capire come fossero regolati i rapporti tra le due società. Al momento, le ipotesi sono due: la prima prevede che ad innescare lo scoppio della bombola di acetilene (uno tra gli idrocarburi più instabili in circolazione) sia stato un piccolo incendio divampato nel capannone dove in quel momento si stava utilizzando la fiamma ossidrica per tagliare del metallo.
La seconda ipotesi prevede che l’esplosione sia stata causata da un brusco movimento della bombola stessa, forse anche 48 ore prima dello scoppio.
Proprio ieri lo stesso quotidiano aveva evidenziato come non fosse stata trovata l’autorizzazione per l’uso del pericoloso gas. A questo si è aggiunta una nuova scoperta: dopo l’incendio dell’acetilene, il fuoco ha colpito prima una bombola di gpl e poi una decina di bidoni contenenti vernice.
Al momento la procura di Monza ha iscritto nel registro degli indagati il proprietario dell’Eureco, Giovanni Merlino, e ha messo sotto sequestro l’azienda.
Intanto i sei operai sono ancora ricoverati. Per due di loro, Salvatore Catalano, 55 anni, e Sergio Scapolan, 63 anni, la situazione si fa più critica con il passare delle ore.
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