Vent’anni fa c’era pochissima industria, i più attivi erano i profughi tibetani, sfuggiti alla repressione cinese. Cina e India, due tra le economie cresciute di più in questi ultimi anni nel mondo, stringono il Nepal come due cuscini, ma il Nepal, straziato dalla guerriglia maoista, non ha beneficiato molto del boom. Solo abbastanza per raggiungere un pesantissimo livello di inquinamento, per vedere la capitale Kathmandu, meta hippy per eccellenza negli anni sessanta, avvicinarsi al milione di abitanti e i villaggi che facevano corona all’antico centro saldarsi in una unica megalopoli.
Adesso tutti vogliono stabilità, i nepalesi gli indiani, i cinesi. Ma tutti fanno i conti senza i maoisti, che sono i più forti, in termini elettorali quanto militari, vogliono il federalismo, proprio come da noi la Lega, e sono pronti a tutto, anche se sanno che non possono spingersi oltre un certo limite perché sarebbero subito isolati.
Intanto hanno ottenuto le dimissioni del primo ministro, che però non lascerà subito, ma più avanti. Ora c’è la costituzione da completare. L’importante è stato prolungare la vita del parlamento e quindi evitare le elezioni che, in assenza di una nuova costituzione, avrebbero rischiato di riaprire le chiuse del fiume del sangue.
Anche se non tutti ritengono che i maoisti siano dei convinti democratici e che il federalismo sia destinato a creare degli staterelli dove possono governare a loro piacere.