I rintocchi delle campane a morte di Sestri si mescolano con le orazioni funebri che la sindaco-successora del sindaco-tranviere, Marta Vincenzi e il presidente della Regione, Claudio Burlando, già ministro dei Trasporti, pronunciano in una città rovente di caldo e gonfia di rabbia. Si piange Cerofolini e si piange sulle battaglie che la sua generazione aveva, comunque combattuto con un certo successo, quello di continuare a far galleggiare il cantiere-simbolo.
Oggi l’ad di Fincantieri sbugiarda la signora sindaco, svelando di averla informata mesi fa del rischio letale che correvano i cantieri genovesi. La sindaco risponde che non è vero. Come un litigio tra bambini a scuola.
In realtà Repubblica, con un articolo del settembre 2010 a firma di Massimo Minella aveva svelato il piano dei tagli selvaggi. Fincantieri non smentì, ma annunciò che non lo avrebbe mai applicato.
Ma la crisi è andata avanti come uno tsunami, non a caso soffiato dall’Estremo Oriente e anche dalla Germania. L’Italia ha perso il primato della costruzione delle navi da crociera, ora che Corea e Cina hanno da anni il 70 per cento di quello di costruzione delle navi mercantili. I coreani con una tecnica più avanzata, i tedeschi e anche i francesi con condizioni finanziarie e di accesso al credito più facile stanno guadagnando miglia e miglia di terreno anche sulle crociere. E a Genova si litiga su chi sapeva della crisi e non si è mosso. Su chi, dirigente Fincantieri, boiardo di Stato o amministratore pubblico locale o nazionale non capiva un’acca di politica industriale o che altro, non ha modernizzato gli stabilimenti che le eliche e i pistoni a regola d’arte non bastano più.
Non più armatori, non più cantieri, forse non più riparazioni navali, Genova, la ex Superba ammaina le sue bandiere in una estate veramente satanica, nel cuore malato di Sestri con sullo sfondo il ghigno di don Seppia, il parroco pedofilo, che insegue le sue prede nei dedali degli ex cantieri chiusi o in chiusura.