Ha detto bombe atomiche?
“Sì, bombe atomiche. Della cui presenza venne a conoscenza in qualche modo l’Unione Sovietica, che protestò energicamente anche se in segreto con gli Usa. Che a qual punto ebbero delle incertezze. L’allora capo di Stato francese, Giscard D’Estaing, evidentemente al corrente del golpe imminente e ad esso favorevole, vedendo che non succedeva niente telefonò al presidente egiziano Sadat per chiedergli “Perché non vi muovete?”. E Sadat gli rispose che gli americani stavano cambiando idea a causa delle minacciose proteste russe”.
E che c’entriamo noi italiani?
“C’entriamo perché tra i congiurati anti Gheddafi c’era anche un gruppo di imprenditori veneti, guidati dal padovano Carlo Del Re, presenti a lungo in Libia per affari ma in contatto con gli egiziani per conto dei quali tessevano la tela anti Gheddafi sul suolo libico. I contatti con gli egiziani li tenevano tramite la loro ambasciata a Roma. Ignoravano però che l’ala filoaraba dei nostri servizi segreti li faceva pedinare e fotografare in tutti i loro spostamenti romani, passando poi le notizie a Gheddafi. Del Re e i suoi si sono salvati dalla condanna a morte solo perché a un certo punto sono fuggiti dalla Libia”.
Ma uno come Del Re, che non era certo un grande imprenditore, non poteva certo avere un grande ruolo.
“Non è così. Forse sperava di diventare un imprenditore molto importante quando gli egiziani si sarebbero sdebitati per l’aiuto nel golpe contro Gheddafi, sta di fatto che la sera del 27 giugno 1980, quando l’aereo di Gheddafi, diretto se non ricordo male a Varsavia, doveva essere colpito e lui doveva morire, Del Re era al Cairo nella situation room allestita dai militari per coordinare la sollevazione libica. Sta di fatto che Gheddafi, probabilmente avvertito dai nostri servizi, cambiò i suoi piani di volo e anziché morire ordinò una dura rappresaglia. A Tobruk i militari ribelli insorsero comunque e il colonnello non esitò a ordinare bombardamenti e fucilazioni”.
Riguardo l’Algeria, è ormai noto che a sostenere la lotta di liberazione contro il colonialismo della Francia fu il nostro Ente Nazionale Idrocarburi, meglio noto come ENI.
“Verissimo. L’allora presidente dell’ENI, quell’Enrico Mattei morto in seguito a causa della misteriosa caduta del suo aereo il 27 ottobre 1962, spediva periodicamente ad Algeri i suoi collaboratori Mario Pirani e Benito Li Vigni con valigie di soldi per i ribelli. In cambio della loro garanzia di concessioni per pozzi di petrolio e gas, concessioni quanto mai preziose per l’Italia”.