Il guaio รจ che lo dice credendoci davvero: “Il bambino soffre per la mancanza del suo yacht”. Elisabetta Gregoraci consegna il suo sconforto ad un’intervista e racconta cosรฌ “il terribile incubo di cui il piccolo Nathan Falco sta risentendo”. “Piange, non รจ tranquillo, sente la mancanza della sua cameretta bianca, dei suoi spazi”.
Un dramma insomma, un neonato o poco piรน fatto scendere dallo yacht lungo 62 metri. Chi ridarร al piccolo la serenitร di poppare, dormire e giocare sotto la rassicurante protezione della casetta galleggiante che portava a poppa il nome Force Blue, cioรจ le stesse iniziali di papร Flavio Briatore? Come lenire la sofferenza dell’infante “lontano” dalla barchetta di mamma e papร ? Mamma Gregoraci prima ha fatto sapere di “aver perso il latte”, ora spiega che un pupo non puรฒ crescere tranquillo e senza turbamenti al di fuori del cabinato, senza il suo equipaggio, rollio, brezza.
C’รจ qualcosa di enorme e di osceno nel raccontarsi come una famiglia sfrattata e buttata per strada. Qualcosa di offensivo per tutti i mortali non dotati di yacht nel teorizzare la necessitร della barca per l’equilibrio psicologico di un bimbo. Qualcosa di insano perfino nell’intestare alla piccola creatura il fastidio incredulo che รจ di mamma e papร : come faremo a vivere in una suite d’albergo o in una villa adesso che ci hanno tolto lo yacht? E
‘ un sentimento genuino quello di Briatore e della Gregoraci: loro senza yacht non vivono, i 62 metri, non quadrati, ma di lunghezza dello scafo sono per loro habitat naturale. Ma chiamarci a condividere questo “dramma dello yacht perduto” รจ spudorato e smisurato. Anzi no, รจ a misura di chi pensa che il pudore sia un canottino di gomma sgonfio e bucato, roba su cui quelli degli yacht neanche salgono.
