Sei giorni dopo la scelta di cucirsi letteralmente le labbra, con ago e filo, in quattro punti, protestando contro il rigetto della richiesta di asilo politico, Najoua è stata rilasciata dal Centro di identificazione ed espulsione di Bologna (Cie). Lo ha reso noto l’avvocato Roberta Zerbinati, mentre stava andando a prenderla all’uscita del centro per portarla in ospedale per accertamenti.
“La Questura ha deciso di rilasciarla – ha detto l’avvocato – Lei resta senza permesso di soggiorno, ma ora potrà fare i suoi ricorsi da donna libera”. Najoua, tunisina di 34 anni, temeva il rientro in patria tanto da spingersi al gesto autolesionista. Dietro l’incubo del rimpatrio ci sono le minacce di morte di un fratello che, saputo della gravidanza della donna non sposata (otto anni fa, l’età del figlio lasciato in Libia) l’aveva attesa con un coltello e le aveva promesso di ucciderla. A minacciarla era stato anche un cognato, già condannato per omicidio, che cercava anche di imporle il velo. La famiglia l’aveva ripudiata con l’ eccezione di una sorella.
Najoua era così fuggita in Libia dove aveva partorito ed era rimasta alcuni anni, poi nel 2006, con un gommone è arrivata a Lampedusa, per lavorare in Italia, come badante. Ma in Veneto, nel 2009 è stata arrestata perché l’uomo che la ospitava era finito in manette per droga. E’ stata in carcere otto mesi ma al processo è stata assolta: da marzo al Cie di Bologna perché clandestina, in attesa di espulsione, giovedì scorso si era vista respingere la richiesta di asilo politico. E si è cucita la bocca.
Alla prima impressione, “dalla faccia, è sicuramente felice – dice l’avvocato – Ora accenna un sorriso mentre oggi pomeriggio, quando l’ho incontrata, piangeva”. Negli ultimi giorni la donna non si è alimentata se non bevendo acqua e zucchero, attraverso una cannuccia. “Uscire di qui cambia molto per lei”, ha ribadito l’avvocato, che sta lavorando da giorni al ricorso per far ottenere a Najoua il riconoscimento della protezione internazionale, status che le consentirebbe di rimanere in Italia anche senza permesso di soggiorno, evitando l’espulsione e il rimpatrio in Tunisia.
“Resta preoccupata per come andrà a finire il ricorso – ha aggiunto l’avvocato – ma l’ho vista un po’ più tranquilla”. Sulla decisione della polizia di liberare la donna, tra le altre motivazioni ha inciso probabilmente anche il fatto che la giovane era sottoposta a strettissima osservazione medica e di polizia 24 ore su 24, per evitare gesti inconsulti.
