“Io piangevo per la scomparsa di mamma e papà se ne stava a giocare al videopoker”. Sono le parole di Denise, 18 anni, figlia di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia torturata, uccisa e sciolta nell’acido a San Fruttuoso, vicino Monza nel 2009.
E’ il giorno successivo alla scomparsa di Lea. Fino a poco prima Carlo Cosco, il papà ed ex compagno della vittima, cerca di fingersi preoccupato. Una messa in scena che dura poco visto che la ragazza si insospettisce quasi subito. Per lei la tragedia è tripla: perde la mamma e tra i suoi aguzzini ci sono il padre e anche il suo fidanzato di allora, Rosario Curcio.
La storia della fine della donna è da brividi: Lea cade in una trappola dopo essere sfuggita almeno altre due volte a tentativi di omicidio. Gli aggressori mandati da Cosco la caricano su un furgone pieno d’acido, la interrogano, la pestano a sangue, la uccidono e poi la sciolgono nell’acido.
Lea Garofalo aveva lasciato Cosco nel 1996, quando lui era in carcere. Uno “sgarro” intollerabile; l’uomo pensa subito a come vendicarsi e metterla a tacere. Prima ne parla ad un compagno di cella, gli chiede di ucciderla, ma questo si pente e racconta tutto ai giudici.
Allora Cosco decide di fare da solo, o quasi. Prima la riavvicina e tenta una nuova convivenza che naufraga dopo un mese. Poi, quando Lea ha un guasto alla lavatrice, come “tecnico” manda un suo sicario, Massimo Sabatini. Lei se ne accorge e lo aggredisce. Il 24 novembre l’epilogo: Lea accetta un colloquio a quattr’occhi con Cosco per parlare dell’università di Denise. Non tornerà più a casa.