Nella notte tra il 24 e il 25 novembre del 2009 Lea Garofalo è stata ”caricata sul furgone, su cui vi erano sempre 50 litri di acido” ed è stata portata in un luogo che si raggiunge dalla terza, quarta uscita della Milano-Meda dove i Cosco hanno un piazzale o un terreno dove tengono i mezzi di movimento terra della loro ditta”.
Sono le rivelazioni di uno dei pentiti che hanno contribuito alle indagini, condotte dalla Dda milanese sulla scomparsa di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia uccisa e poi sciolta nell’acido in provincia di Milano. Il pentito, un compagno di cella di Massimo Sabatino, uno dei destinatari delle sei ordinanze di custodia cautelare eseguite la scorsa notte, e già da febbraio in carcere a Campobasso per il tentato sequestro e omicidio della donna, ha raccontato, come emerge dall’ordinanza del Gip Giuseppe Gennari ”la dinamica dei fatti, eccezionalmente dettagliata”, che peraltro è risultata ”coincidente con quanto ipotizzato” dai pm milanesi.
Il pentito ha riferito quanto confessatogli da Sabatino: quest’ultimo, insieme a Carmine Venturino (altro arrestato) e i ”due albanesi, secondo le indicazioni di Carlo Cosco, hanno preso la Garofalo”, per poi portarla in un luogo nei pressi di Monza dove sarebbe stata uccisa e sciolta nell’acido in un terreno.