Berlusconi fu folgorato da questo docente, molto english nel tratto, ma anche atipico negli atteggiamenti, uno che gira per la città su una bici elettrica, adorato dai suoi studenti, con la faccia buona per conquistare un pubblico di sostenitori ampio e stufo delle stesse figure da una parte e dall’altra. Le elezioni del 2007 Musso le perse anche per quel suo look nuovo che alle cariatidi dell’allora Popolo delle Libertà faceva un po’ storcere la bocca. Girava sempre su quella bici e si definiva liberal, mostrava una quota di indipendenza un po’ sfacciata che piaceva a destra solo a Scajola, il proconsole in Liguria del Cavaliere, distaccato da Genova, terra sempre ostica per i liguri dell’estremo Ponente.
Ben presto Musso ha conquistato popolarità e parallelamente dissensi. Scajola lo candidò nel 2008 al Senato come capolista e gli spianò la strada in anticipo per la rivincita delle elezioni comunali nel nuovo Pdl, con il traguardo del 2011. L’allora ministro sapeva che il grosso del suo partito non sopportava il professorino, sempre pronto a prendere le distanze dalle decisioni di Berlusconi, soprattutto in tema di giustizia, ma gli teneva la briglia lenta sul collo perchè capiva che quello era un possibile uomo nuovo, su cui puntare anche un po’ trasversalmente per capovolgere i pietrificati equilibri politici liguri, dove la Sinistra governa in secula seculorum.
Caduto o inciampato Scajola, la franchigia del senatore Musso è aumentata a dismisura con i suoi strappi romani sul processo breve, sul lodo Alfano e su tanti altri temi cari a Berlusconi. E nel frattempo l’homo novus della politica ligure si è fatta la sua Fondazione a Genova, chiamata “Oltremare”, molto trendy e sopratutto veramente trasversale con adesione perfino di leader o ex leader del centro sinistra. Si fanno i nomi di Gino Paoli, il cantante, Gianni Facco, Arcangelo Merella, e ancora, se non altro “vicini”, Alberto Ghio, l’ex vice sindaco e Bruno Gabriello, l’architetto. L’obiettivo di questa nuova macchina politica culturale era ed è quello di preparare l’assalto “civico” al Comune di Genova, penetrando nelle periferie e nei quartieri alti, con un linguaggio concreto e temi affrontati a viso aperto. Intorno a lui, piano piano, tra scomuniche della parte politica che lo aveva portato alle elezioni e tentazioni dei Pd delusi e di quella grande parte di opinione pubblica che non va più a votare e innamoramenti dei centristi in cerca di facce nuove tra Udc, Partito della Nazione e varie altre compagnie, è incominciato a formarsi un vero movimento, un vero test politico.
Qual è il vero disegno del senatore “on demand” come lo ha definito argutamente su Repubblica Sebastiano Messina: staccarsi del tutto dal Pdl, accomiatandosi con grazia dal suo mentore iniziale Berlusconi e tentare la carta civica in una città graniticamente a sinistra? Oppure restare ancora attaccato per un lembo al centro destra, magari virando leggermente verso i finiani e non saltare completamente nel vuoto dai partiti più o meno in dissoluzione e nuova formazione?