Ore 14,00 del 27 dicembre: Napoli non riesce a “conferire”, cioè a depositare in discarica neanche un sacchetto dell’immondizia raccolta in città nella notte e nella mattinata. Non era mai successo e Paolo Giacomelli, assessore all’Igiene Urbana, è disperato: “Domani sarà una tragedia, duemila tonnellate di rifiuti per strada”. Circa cinquanta “compattatori” sono fermi in fila davanti alla discarica di Caivano, non riescono a scaricare, la discarica in questo lunedì è di fatti inagibile. Quindici compattatori sono immobili e ricolmi davanti alla discarica di Tufino, non c’è “posto” per la monnezza. La Provincia di Caserta ha bloccato lo scarico a Santa Maria Capua Vetere. La somma dei tre blocchi costruisce, prepara, annuncia e scarica sulla città di Napoli quello che l’assessore chiama “il disastro”.
Appena l’altra sera le tv avevano fatto vedere al paese le immagini dei mezzi dell’esercito e dei soldati che raccoglievano i rifiuti sulla strada dell’aeroporto. La “narrazione” era quella delle truppe che liberavano la città o almeno cominciavano a farlo. Era una narrazione bugiarda e inconsapevole. Cinquanta le tonnellate raccolte dall’esercito, cinquanta a fronte di una città che ogni giorno ne produce 1.200 e che ogni giorno, anzi ogni giorno che va bene, riesce a “conferirne”, cioè a scaricarne in discarica o altrove circa 600. “Avanzano” ogni giorno 600 tonnellate. Avanzano e restano per strada 600. Seicento da moltiplicare per mille e più di mille. Tanti infatti sono i giorni che mancano, secondo piani, calcoli e dichiarazioni ufficiali, alla costruzione e messa in funzione dei termovalorizzatori. Ammesso e non concesso che questa sia la soluzione, “avanzano”, se va bene, 600 tonnellate al giorno per circa tre anni. Fanno seicentomila tonnellate di rifiuti sotto le quali Napoli resterà letteralmente sepolta.
Questo è quel che accade e tutti si stanno assuefacendo al fatto che accada. L’opinione pubblica italiana che ormai considera “routine” le notizie che arrivano da Napoli. Napoli stessa che a vederla dal vero ci si rende conto che le immagini televisive non “rendono giustizia” a quel che accade. In tutta, proprio tutta la città, l’immondizia per strada è ormai parte fissa e integrante del panorama urbano. Come i negozi, le vetrine, i semafori: il cumulo di monnezza è ovunque e onnipresente. La raccolta avviene di fatto una, due volte a settimana. L’abitante di Napoli sa che se oggi la monnezza sotto la sua casa è stata raccolta, domani sarà lì sotto forma e dimensioni di cumulo, dopo domani sarà montagnola, domani dopo ancora collina e poi barricata. Fino al prossimo giro, insomma si vive con la monnezza a fianco. Perfino la camorra è arretrata, si limita ad una sorta di riduzione del danno. Non riesce più a imporre la pulizia di certe strade e allora costruisce timide e microscopiche “aree di rispetto”. Nelle stradine al altissimo controllo del territorio da parte della camorra la gente non butta il sacco della spazzatura, va cento metri più in là a farlo. Di più nemmeno la camorra riesce a fare. Quel che si fa e lo fanno ormai i cittadini normali è di tanto in tanto, una volta a settimana, bloccare una strada con una barricata di rifiuti. Allora arriva l’intervento di emergenza, si rimuove la barricata. E poi si ricomincia. Dovrebbe andare avanti così per tre anni. Bloccate le discariche per volontà popolare e di governo, tre anni per i termovalizzatori (un miliardo di euro di fondi pubblici intorno ai quali è già in corso la danza del chi ci si tuffa dentro prima e meglio) e 600 tonnellate al giorno da sbattere sulla strada per ogni giorno che dio manda in terra. E’ una grande sconfitta nazionale, inimmaginabile nelle sue dimensioni e nella sua ineluttabilità. A raccontarla…non ci si crede. Forse per questo il racconto non appassiona e non interessa la nazione.