”Residente all’estero” senza esserlo e contro la sua volontà. La storia di E.P., cinquantenne romano, è un caso di mala-burocrazia. Un’odissea in cui l’uomo vive da quasi dieci anni e che al momento gli impedisce di godere pienamente del diritto di voto, come qualunque cittadino italiano.
Nel 1998, E.P. si trasferisce a Parigi per lavoro e si iscrive regolarmente all’Aire (Anagrafe degli italiani all’ estero). Ritorna poi a Roma a fine 2001. ”Da allora – racconta – per l’Aire è come non fossi mai tornato. Anzi, con l’entrata in vigore della legge sugli italiani all’estero, io che ero già rimpatriato e avevo comunicato questo rientro agli uffici comunali, per un’inerzia burocratica, sono stato nuovamente ‘espatriato’, d’ufficio, senza che nessuno mi abbia detto nulla. L’ho scoperto per caso, quando sono andato a votare nella mia città. Sugli elenchi elettorali c’era scritto ‘residente all’ estero’, scritta che ancora compare ogni volta che mi presento al seggio. Da allora io non ho più votato perchè per farlo dovrei, come se fossi un vero e proprio residente all’estero, dichiarare un mese prima delle elezioni, dove voglio votare. Ma questo sarebbe un falso”.
”Sono più di otto anni che provo a ‘tornare’ nel mio paese, senza però riuscirci, e nonostante abbia comprato casa, paghi tasse e bollette. E nonostante la mia circoscrizione abbia dato luogo all’anacronistica visita della municipale a casa. Niente da fare: per l’Italia io ancora risiedo a Parigi. Vivo nella paradossale situazione per cui io non so quale sia la mia residenza. Non so mai quale indirizzo legale indicare in caso di domanda ad uffici pubblici o concorsi, come anche per il rinnovo del passaporto”.
”La mia iscrizione all’Aire – continua E.P. – ha portato solo svantaggi. Anche quando vivevo a Parigi, ad esempio, non ho mai potuto usufruire degli sconti previsti per il voto in Italia perchè la mia registrazione, anche questo è paradossale, si è formalizzata quando già ero tornato a Roma. Ora capisco perchè molti italiani evitano di iscriversi all’Anagrafe”. Tutta la questione, per E.P., ruota intorno ad un errore, una mancata corretta comunicazione, fra gli uffici comunali di Roma e la stessa Aire. L’uomo si e’ rivolto innumerevoli volte agli uffici dell’ Aire.
”Vivo in un delirio da quasi dieci anni. Mi trovo a parlare con funzionari sgarbati, maleducati, mi trattano come chissà cosa avessi fatto. L’ultima volta uno mi ha detto ‘ci denunci’. Come se avessi un avvocato al mio servizio, e gratis. In realtà io ho fatto solo il mio dovere: andando all’estero mi sono iscritto all’Anagrafe. Se ora la mia situazione è incerta, non sono io a doverla risolvere, l’errore è dell’Aire e lo deve riconoscere”. Per questo ”non voto più. E’ come se lo stato mi avesse tolto questo diritto. E’ lo stato – conclude E.P. – che mi deve chiedere scusa e risolvere tutto. Io non faro’ dichiarazioni che non corrispondono alla realta’ dei fatti, in cui affermo il falso”.
