Le ultime dal carcere di Taranto dicono che Sabrina Misseri abbia chiesto un libro per cercare di distrarsi, qualcosa che la facesse ridere. E i suoi avvocati le hanno fatto recapitare un romanzo dell’attore comico Checco Zalone.
Sono passati pochi giorni da quando l’hanno convocata nella caserma di Manduria la sera del 15 ottobre: quella sera Sabrina Misseri ha capito prima di tutti che i suoi tentativi di depistare le indagini e i suoi ”atteggiamenti fortemente sospetti” – come li definisce nell’ordinanza il gip – che per 50 giorni hanno tenuto lontano da lei le attenzioni degli inquirenti, non erano riusciti ad evitarle di finire in carcere con l’accusa di aver aiutato il padre Michele ad uccidere la cugina Sarah: quando i carabinieri, al termine dell’interrogatorio le hanno detto che l’avrebbero portata in cella, si è limitata a rispondere con un laconico ”tanto lo sapevo”.
Una mezza ammissione di colpa, secondo chi indaga, che confermerebbe come Sabrina abbia avuto un ruolo decisivo nell’omicidio della quindicenne di Avetrana. Ma anche un crollo psicologico che in qualche modo le avrebbe consentito di alleggerirsi la coscienza a tal punto da farla cadere in un sonno pesante, appena salita nell’auto che da Manduria l’ha condotta nel carcere di Taranto. Della colpevolezza di Sabrina, capace di muoversi con estrema malizia davanti a decine di telecamere, è convinto il gip Martino Rosati, che nell’ordinanza con cui ha confermato il carcere parla dei suoi comportamenti poco credibili e, soprattutto dei tentativi di depistare le indagini.
Come quando sul suo telefono appare un sms che sembrerebbe inviato da Sarah e che la Misseri potrebbe aver fatto vedere alla madre della quindicenne, Concetta. ”C’è tutta una serie di comportamenti della Misseri che appaiono fortemente sospetti, in senso favorevole all’accusa” scrive il giudice Martino Rosati nell’ordinanza. Ad esempio, prosegue, ”proprio sul suo telefono, già il 1 settembre, perviene da un’utenza rimasta anonima un sms dal testo – ‘mamma sto bene non ti preoccupare’ – suscettibile di indirizzare le indagini verso la fuorviante ipotesi dell’allontanamento volontario”.
Ma non è questo il solo tentativo di sviare le indagini: nell’interrogatorio dell’8 settembre, quando fu sentita come teste, afferma il Gip, Sabrina ”adombra sospetti sul padre di Sarah, adducendo che alcune persone glielo avevano descritto come uno che ‘allungava le mani’ alle donne, nonché indicandolo come persona con amicizie poco raccomandabili”.
E cerca di accusare anche la badante rumena del nonno della quindicenne. ”Comportamenti tali, per lo meno – conclude il giudice – da indirizzare le indagini verso false piste”. Ed inoltre Sabrina non è riuscita a spiegare la telefonata fatta al padre alle 14.55 del 26 agosto, venti minuti dopo il delitto (che per l’accusa sarebbe stato commesso tra le 14.28 e le 14.35) e dunque quando Michele ”era impegnato nelle attività di occultamento del cadavere”.
Una telefonata, si legge nell’ordinanza, ”che Mariangela Spagnoletti afferma di non ricordare e che, se ciò fosse vero, potrebbe pure legittimare” la possibilità che sia stata fatta da Sabrina ”nei brevi momenti in cui si è staccata dall’amica, che l’attendeva in macchina, per andare a parlare in casa della zia e quindi al riparo di orecchi indiscreti”.
Che Sabrina non solo non sia colpevole, ma che non sia neanche quella ”mente diabolica” descritta dai giornali, ne sono convinti invece i legali Vito Russo e Emilia Velletri, che non hanno ancora deciso quale strategia difensiva adottare e dunque se ricorrere per Cassazione oppure se impugnare l’ordinanza davanti al tribunale del Riesame. ”Prima studieremo gli atti e poi decideremo”, dicono, sottolineando però che dal loro punto di vista l’ordinanza ”appare lacunosa in alcuni punti” e delinea per la ragazza un ruolo meno pesante di quanto descritto dai giornali e dalle tv.
”Non è certo contenta di quanto ha scritto il giudice – affermano – si era illusa di poter uscire dal carcere anche se noi ce l’aspettavamo e l’avevamo preparata”. Certo non si è persa d’animo: dopo aver appreso di dover rimanere in carcere ha chiesto agli avvocati che gli portassero un libro. Ma non uno qualunque, uno ”per ridere, qualcosa che mi faccia sorridere”. Alla fine la scelta dei legali è finita su ”Cado dalle Nubi” del comico pugliese Checco Zalone. Chissà se la farà ridere abbastanza.