Una scenata di Sabrina al bar contro Sarah, accusata di “vendersi a chiunque per due coccole” e umiliata così al punto da piangere, scenata riferita da testimoni, prima viene negata, poi non ricordata, infine degradata anche questa al solito “sfotterci” per i ragazzi e dintorni. Particolari del debole di Sarah per un ragazzo di nome Ivano vengono non solo accuratamente nascosti, ma si scopre che la stessa Sabrina ha consigliato a Ivano di tacere “perché se no scoppia un casino”. Così come ha inviato non pochi sms ad amici e amiche esortandoli a raccontare particolari – come dire? – non propriamente esatti. Non si direbbe questo l’atteggiamento di una cugina di 20 anni in ambasce per la scomparsa della amata cuginetta di 15. Ma Sabrina colta in castagna se la cava con un “ho sbagliato”, “questo è stato un mio errore”, ripetuto agli inquirenti ad abundantiam sempre con lo stesso tono monocorde, privo di pathos, che la contraddistingue e che dura ore. Finché a un certo punto si mette a piangere. E i magistrati, buoni di cuore, sospendono l’interrogatorio chiedendo anche se vuole un bicchiere d’acqua o un caffè e la esortano a stare calma e serena.
Ecco, gli inquirenti. Carabinieri e magistrati. Si resta stupiti dal loro tono sempre cortese, mai minaccioso o sarcastico, sia con Misseri padre sia con Misseri figlia. Qualche volta un magistrato si spazientisce con Sabrina, tanto lei mena il can per l’aia, ma sempre entro limiti più da chiacchierata che da interrogatorio per un omicidio. Le domande a Misseri padre, Michele, sono corredate da un quasi affettuoso “Miché” o da un cortese “signor Misseri”. E le sue risposte sono accolte spesso con un “Benissimo” detto con voce piana, da routine, non si coglie un accento di rimprovero e tanto meno di orrore neppure quando ci sarebbe da sbattere la testa al muro o scoppiare a piangere. I magistrati e i carabinieri nelle domande sono implacabili, precisi, pignoli, un rullo compressore, sia con Michele che con Sabrina, ma sempre cortesi, educati, rispettosi. Insomma, mano ferma in guanto di velluto. Grande professionalità. Sembra Maigret o Poirot. Colpisce anche perché totalmente diversa dai marescialli e ufficiali dei carabinieri, dai magistrati e poliziotti propinatici in continuazione da gialli e serie televisive “all’italiana”. Ancora una volta si scopre che la tv in Italia propina realtà fasulle. Del resto se non fosse così non avremmo il primo ministro che abbiamo.
Conclusione? Conclusione, se fossi il pubblico ministero del processo ai Misseri credo che punterei il dito contro l’affabulatoria addormentata nel patio, e del padre direi che somiglia a un pupazzo manovrato da braccia robuste. A proposito di braccia, non so come le abbia la sua “mogliera”, so solo che viene dipinta come una matrona, o meglio come un madre matrona, equivalente femminile del padre padrone. Michele somiglia a un pupazzo, ma anche a uno zerbino. Non a caso leggo sui giornali che l’altra sua figliola è andata a trovarlo in carcere per dirgli che deve cambiare avvocato, al posto di quello d’ufficio deve prenderne uno di fiducia. Sì, ma di fiducia di chi?
Per fortuna però non faccio, e mai farei, il pubblico ministero. Faccio invece il giornalista. E, come purtroppo non capita a tutti, dubito sempre delle verità ufficiali.