ROMA – A Palermo l’ultima trovata per arricchire la scuola รจ quella di aggiungere il dialetto: il siciliano arriva tra i banchi, insieme a italiano, latino e matematica.
Il disegno di legge รจ stato approvato all’unanimitร dall’assemblea regionale siciliana e fra poco potrebbe essere realtร . La proposta firmata in primis da Nicola D’Agostino, dell’Mpa prevede due ore a settimana per la ย “la valorizzazione e l’insegnamento della storia, della letteratura e della lingua siciliane nelle scuole di ogni ordine e grado”.
Non รจ d’accordo lo scrittore Vincenzo Consolo che a Repubblica dice: “Ormai siamo alla stupiditร . Una bella regressione sulla scia dei “lumbard”. Che senso hanno i regionalismi e i localismi in un quadro politico e sociale giร abbastanza sfilacciato? Abbiamo una grande lingua, l’italiano, che tra l’altro รจ nata in Sicilia: perchรฉ avvizzirci sui dialetti? Io sono per la lingua italiana, quella che ci hanno insegnato i nostri grandi scrittori, e tutto ciรฒ che tende a sminuirla mi preoccupa”.
Piรน cauto nei commenti Andrea Camilleri: “Se rimane entro certi limiti e non asseconda istinti leghisti, va bene. Per essere chiari, sarebbe deleterio legiferare l’obbligatorietร del dialetto. Abbiamo una lingua, l’italiano, che al 90 per cento รจ stata l’artefice dell’unificazione del Paese, e dobbiamo salvaguardarla. I dialetti sono una grande risorsa per la lingua madre e tali devono restare. Esistono solo perchรฉ c’รจ un idioma condiviso da tutti. Ad esempio, invece di saccheggiare le lingue straniere, basti vedere l’abuso di anglismi oggigiorno, potremmo attingere ai nostri dialetti per innervare l’italiano e per salvare la nostra memoria. Ed รจ quello che io faccio nei miei romanzi”.
E’ d’accordo invece Enzo Sellerio: “Mi sembra una cosa giusta. Il dialetto e l’approfondimento della nostra storia sono un argine al dissolvimento della memoria. Abbiamo bisogno di tramandare quel che siamo stati e siamo. A patto perรฒ di non dimenticare che la Sicilia รจ parte di un contesto piรน ampio e, soprattutto, che questo insegnamento non sia a scapito della lingua e della storia d’Italia”.
