ROMA – I terremoti in Val Padana sono pericolosi o normali eventi sismici? Il Corriere della Sera lo ha chiesto a Domenico Giardini, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. I terremoti che hanno scosso il Nord Italia si sono verificati in un arco di tempo di 8 ore a circa 70 chilometri l’uno dall’altro. I terremoti sono due manifestazioni dello stesso fenomeno e sono legati alle spinte tra la placca africana e quella euroasiatica. Un frizione costante con gli Appennini che vanno contro le Alpi.
Giardini ha spiegato che il terremoto in Emilia di 4.9 gradi della scala Richter è stato più sentito di quello di 4.2 gradi nel veronese perché “c’era una differenza nella magnitudo, quasi un grado di più, e non è poco. Ma, inoltre, ha pesato la profondità dell’epicentro che era maggiore nel caso dell’Emilia: 33,2 chilometri. Questo significa che le onde si sono potute trasmettere in modo più ampio prima che si esaurissero rapidamente come è avvenuto nel Veronese con un epicentro più superficiale a 10,3 chilometri”.
Anche le caratteristiche del terreno incidono sull’intensità con cui il fenomeno sismico viene avvertito. La pianura padana è formata da “sedimenti alluvionali, una natura geologica che amplifica le onde facendole sentire di più”, spiega Giardini, mentre i monti nella zona del veronese “attutiscono” la propagazione delle onde sismiche. Giardini comunque spiegato che non si può parlare di un pericolo per la Val Padana, zona naturalmente sismica interessata da frequenti terremoti, spesso non percettibili dall’uomo.
Non è da escludersi però l’arrivo di nuove scosse. “Non si può prevedere nulla – spiega Giardini – di certo gli assestamenti possono continuare come in precedenza perché la causa resta inalterata. Dopo il sisma maggiore di ieri mattina ci sono state altre tre scosse in Emilia e tre in Lombardia fra i 2.3 e 3.5 gradi”.