Abbiamo avuto una nostra città ex Superba messa a ferro e fuoco da bande di serbi i quali forse sentono la nostalgia del maschio esercizio della morte a spese altrui che garantiva loro la guida di conclamati criminali di guerra come Ratko Mladic, Radovan Karadzic e Slobodan Milosevic.
Ogni domenica viviamo col fiato sospeso perché temiamo che bande di teppisti vestiti da ultrà mettano gli stadi a ferro e fuoco e una volta che sono state pubblicate le intercettazioni delle telefonate tra i loro capi siamo sprofondati nel terrore.
Ogni tanto bande più o meno numerose di violenti assediano le grandi città del mondo in nome di ideali ambientalisti che per definizione sono intrinsecamente incompatibili con la violenza praticata.
A fronte di questo, il problema che l’Europa ha di fronte è semplice. Non può permettersi di eludere gli appuntamenti della grande strategia americana, i cui interessi non sempre coincidono con i nostri ma complessivamente sì e guardano a oriente, alla Cina, come al nuovo nemico di una potenziale terza guerra mondiale: non a caso alle chiamate di aiuto americane hanno risposto con pari entusiasmo il destro Berlusconi e il sinistro Prodi.
I governanti europei devono però anche tenere conto della sensibilità, che si traduce in voti, di alcune centinaia di milioni di elettori che non vogliono ricordare che le sofferenze del secolo scorso sono frutto di errori politici, sicuro, di un militarismo folle, certo, ma anche della superficialità e della impreparazione dei paesi democratici dell’Europa occidentale e dell’incompetenza che reggeva i loro eserciti (mai come quella in genere dell’esercito italiano, ma qui c’era una dittatura guerrafondaia).
L’idea di una grande multinazionale e sovrannazionale legione straniera è così folle? Riflettiamo.
La tragedia nazionale seguita alla morte dei quattro alpini in Afghanistan è il simbolo più recente e anche più italiano del rovello. Da noi ci sono assurdità evidenti come la sopravvivenza di un corpo militare, gli alpini, destinato a difendere una frontiera che ormai non c’è più, a meno che non si tema una guerra con la Svizzera; e anche ai criteri di reclutamento, che non sono di oggi, perché se appare un po’ contraddittorio che un meridionale diventi alpino, è altrettanto assurdo che, ai tempi della leva, la Liguria rientrasse nell’area in cui prelevare.
Se poi questi corpi speciali servono per azioni umanitarie e anche a garantire un posto come sia a chi non se la sente di considerare rischi mortali nella carriera di un militare, meglio passare gli alpini alla Protezione civile, magari senza adeguare gli stipendi ai livelli bertolasiani dei suoi volontari di lusso.
Non si può non notare che scene come quelle che si verificano ogni volta che un povero soldato muore in missione, col presidente della Repubblica e le massime dignità schierate, faranno bene alla coscienza di chi li ha mandati a morire su lontani fronti di guerra, ma rischia di fare sprofondare in depressione quelle decine di migliaia di carabinieri e agenti di polizia, penitenziaria e finanziaria incluse, che, per cercare di garantire, a poco più di mille euro al mese, la nostra vita più o meno tranquilla, rischiano la pelle ogni giorno sulle strade e nelle città italiane, muoiono a decine ogni anno per mano di criminali o pirati della strada, ma che non risulta ottengano gli onori dei funerali di Stato. Già molti di loro, a quel che risulta, cominciano a chiedersi perché.
