ROMA – Con l’aneddotica su Gianni Agnelli si potrebbero riempire intere emeroteche. Pagine e pagine di articoli sono stati scritti sull'”Avvocato” giramondo, amico di questo o quel potente, amante di questa o quella Anitona Ekberg, arbitro di nuove eleganze, cesellatore di battute fulminanti e via raccontando.
Raro trovare uno che, come lo stilista Oscar de la Renta intervistato da Massimo Gaggi del Corriere, racconti Gianni Agnelli e Marella Caracciolo come coppia affiatata, e non come due monadi divise dal peso delle rispettive biografie.
Difficile immaginare la scena che de la Renta ricorda, quella di un Agnelli che piange a dirotto per la tensione, mentre la moglie Marella stava tra la vita e la morte sotto i ferri del chirurgo:
I ricordi corrono ai primi anni di un’amicizia durata una vita: «Oltre che bella era una coppia solida, un legame d’acciaio. Lo so, c’è chi sostiene il contrario, ma è una stupidaggine. Avevano stili di vita cosmopoliti, curiosità e interessi a volte diversi. Ma sotto c’era un rapporto vero, che non poteva essere scalfito. Le racconto qualcosa di cui non ho mai parlato. Una volta loro vennero a New York perché Marella doveva affrontare un intervento chirurgico molto delicato. Erano gli anni Settanta, credo, perché andai in ospedale con la mia prima moglie, scomparsa nel 1983. Rimasi con Gianni per tutto il tempo dell’operazione, interminabile. La vita di Marella era a rischio e lui piangeva, senza freni. Non l’ho mai più visto così».
Chiedo a de la Renta del perché di quell’appellativo, cigno, scelto da Truman Capote. Ma quella parola fa affiorare anche altri ricordi di un Avvocato poco noto. Il padre severo, il soldato che aveva combattuto in guerra: «Ricordo un giorno nella vecchia casa torinese di corso Matteotti, primi anni Sessanta. Conversavamo all’aperto quando sentimmo un rumore tremendo che veniva dal salone: qualcosa era andato in pezzi. Corremmo dentro. In un angolo c’era un pianoforte, in quello opposto la piccola figlia Margherita. Lo splendido cigno di porcellana che era sul piano, a terra, in frantumi. L’aveva fatto cadere lei nel tentativo di aprire lo strumento, ma disse: “Non so, il cigno op-op, ha provato a volare e poi è precipitato”. Gianni era infuriato, le dette un ceffone. Amava quel pezzo che aveva scelto personalmente. Amava molto l’arte e anche nella sua vita cosmopolita non ha mai dimenticato i suoi anni difficili».
Quando Gianni andò in guerra, la madre, Virginia Bourbon del Monte, visse brevemente (morì in un incidente stradale nel novembre 1945) in una bella casa romana costruita dal re di Svezia. De la Renta racconta che, mentre erano nella capitale, una volta chiese all’Avvocato che fine avesse fatto quella casa. Adesso ci vive il sindaco, fu la risposta: «Andammo. Il sindaco non c’era, ma lui entrò lo stesso, come fosse ancora casa sua. Mi fece vedere una stanza. Disse che al ritorno dalla guerra lui dormiva lì. Non sul letto, per terra: non sapeva più stare su cuscini e materassi. Mi raccontò che era lì quando il re abdicò in favore di Umberto II. Andò a vederlo salutare la folla al Quirinale. E tornò a casa in lacrime».
Il Quirinale, proprio di fronte a un’altra celebre dimora arredata da Marella, la casa romana degli Agnelli. I ricordi di de la Renta corrono a un’epoca più recente: «Ero ospite da Gianni a Roma, di ritorno da Napoli dove avevo una piccola sartoria. Rimasi tre giorni. Lui mi portava in giro a vedere le chiese e a parlare con la gente. Gli piaceva l’ammirazione che mostravano i romani, tutti lo chiamavano Avvocato. Una mattina alle 7, si alzava prestissimo, mi chiese se avessi mai visitato il Quirinale. Dissi di no. “Andiamo!” Si mise al volante, attraversò la piazza ed entrammo. Nessuno ci fermò. Dopo un po’ squillò il cellulare. Era il presidente Cossiga: “Che ci fai in casa mia senza avvertirmi? Vieni su a fare colazione”».
Entra Annette, sorridente. Ascolta per un po’, poi lo rimprovera affettuosamente: «Parla delle case, non di Gianni». «Allora parliamo dei cigni. Il mio cigno: così Truman Capote chiamava Marella che è stata la sua migliore amica per tanti anni. Lo scrittore aveva un rapporto molto stretto anche con l’Avvocato e con tutti noi. Un gruppo di amici molto affiatato, sempre insieme in vacanza. Fino a quando Truman scrisse quel libro tremendo, Preghiere esaudite , nel quale mise in piazze le confidenze che gli amici più stretti gli avevano fatto negli anni. Terribile. Conoscevo bene Truman e non lo credevo capace di una cosa simile. Capimmo dopo che, da grande scrittore, pensava ormai di potersi permette tutto. Nessuno gli parlò più».
I ricordi tornano alla casa di New York degli Agnelli: «Al 770 di Park Avenue, a due passi da qui. Prima ne avevano un’altra, più piccola e intima. A me piaceva di più. Loro passavano molto tempo a New York: l’arte, la cultura, gli affari, gli anni delle Brigate rosse. E poi gli amici, compreso John Kennedy che vedevano spesso anche quando erano alla Casa Bianca. Poi, all’inizio degli anni Ottanta, Gianni decise che aveva bisogno di una casa più grande per la sua collezione di opere d’arte».
Una bellissima ma meno accogliente, nella memoria di de la Renta. Teatro di serate gioiose – le feste, le serate con gli amici, i nipoti Lapo e John («ma lui mi lascia ancora chiamarlo Yaki») – e di momenti drammatici: «Quando si suicidò il figlio Edoardo, Marella era qui. Gianni ci chiamò, ma io ero nella Repubblica Dominicana. Rispose Annette, era l’alba. Le chiese di parlare con Marella. Lo devi fare tu, ma io sarò lì, gli rispose mia moglie. E andò subito a casa Agnelli, con Marella che non sapeva spiegarsi la visita a quell’ora. Finché squillò il telefono. Dopo aver parlato con Gianni, Marella non disse nulla. Chiese ad Annette di accompagnarla a Central Park. E lì raccontò una storia bellissima. Disse che quando era piccola, il padre le aveva parlato di San Francesco d’Assisi e di Santa Chiara, che gli era molto vicina, sofferente perché un suo amico si era tolto la vita in modo simile, gettandosi da un ponte. Marella non ha mai accettato l’idea del suicidio, pensa ancora oggi che sia stato un incidente. Santa Chiara soffriva per quella perdita, ma a un certo punto sentì una voce: “Non preoccuparti perché tra il ponte e l’acqua, io ero lì”. Marella disse ad Annette: “Non ho mai capito perché papà mi raccontò quella storia. Adesso lo so”».
Anche quelli dell’Avvocato, per de la Renta, sono ricordi impastati di gioia e dolore, un’enorme vitalità nonostante incidenti, menomazioni, malattie: «Le racconto un episodio emblematico della sua febbrile voglia di vivere. Alba a St. Moritz, giornata piovosa. Gianni mi sveglia: “Il tempo è orribile, ma nel sud della Francia è bello. C’è l’elicottero pronto”. Un volo pericoloso, ma lui amava il rischio. Arrivammo a Montecarlo e ci imbarcammo sul suo yacht. Dal mare, di fronte a St. Tropez, mi mostrò la sua vecchia villa, la Leopolda, con commozione. Se l’amavi, gli chiesi, perché l’hai venduta? Perché, fu la risposta, con Marella dovevo cambiare vita: quella casa apparteneva a una vita precedente».