I rapporti umani richiedono tempo e notevole attenzione, bruciare il tutto in pochi secondi vuol dire abituarli a costruire rapporti virtuali, veloci e poco profondi. In questo modo tutto rischia di diventare mellifluo e privo di significato. Pertanto cosa occorrerebbe fare. Innanzitutto insistere su una normativa che regolarizzi l’impiego d’internet e l’uso obbligatorio di software che permettano agli adulti di impostare dei filtri, impedendo così l’accesso ai minori ai contenuti pornografici (anche se ormai i ragazzi sono diventati abili nel raggirare i parental control).
È auspicabile la nascita di laptop (portatili) e computer fissi indirizzati a un pubblico minorenne, con divieto di accesso ad altri computer che non siano specifici per la fascia d’età. Nella sostanza si tratta di mettere in atto una procedura simile a quanto già avviene in altri settori, come quello delle automobili e le moto. Da un punto di vista educativo i piani di lavoro dovranno inevitabilmente coinvolgere la famiglia e la scuola.
La prima istituzione andrebbe resa maggiormente consapevole che l’educazione è ancora il veicolo principale che solca i confini tra il lecito e l’illecito, anche per contrastare le dissonanze e le distorsioni di cui la televisione e internet sono volutamente portatori. Mi riferisco a veri e propri programmi di parent training, tramite cui educare gli adulti a essere “i nuovi educatori”, sin dalla scuola dell’infanzia, rendendoli meno insicuri e più forti di come guardare la relazione con il figlio.
L’istituzione scolastica, con il supporto genitoriale, dovrebbe prendere coraggio nell’educare realmente alla sessualità, non sottovalutando le conoscenze, alterate e confuse, dei giovanissimi, e adeguando i programmi anche ai “rischi” in precedenza elencati. In questo caso, viste le tematiche trattate, è necessario che siano proprio i genitori a essere formati a scuola sui nuovi programmi di educazione sessuale, evitando che i figli, nel riportare i contenuti espressi dagli esperti, e nel tentativo di impressionare e manipolare il genitore, possano allarmarlo, e contemporaneamente far indietreggiare l’istituzione scolastica verso una chiusura totale su queste tematiche.
In un’epoca come la nostra, in cui prevalgono il relativismo culturale – tutto è possibile, e tutto è il contrario di tutto – e il sincretismo – il prendere per proprio comodo e all’occorrenza quello che interessa delle religioni, una sorta di supermercato della fede in cui scegliere cosa portare via – individuare e marcare gli argini educativi del “fiume della vita”, aiuta a evitare che nei periodi di eccesso di massificazione dell’informazione, quale l’adolescenza, i ragazzi, privi di direzioni, possano essere trasportati dappertutto perché travolti dall’ ”esondazione del fiume”, e perdersi in quanto privi di punti di ancoraggio. Fortunatamente c’è sempre la speranza che l’uomo, nell’aver generato una cultura in cui hanno ragione di esistere gli strumenti, le tecnologie e le strategie presenti, possa trovare una forma più consona e vicina alla propria esistenza, rimediando l’irrimediabile.
*Vito Giacalone, psicologo psicoterapeuta, docente università di Tor Vergata
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