COVERCIANO – La scrivania sembra non essere posto per lui, anche se trattasi di scrivania prestigiosa, quella da presidente del settore tecnico della Federazione gioco calcio. Roberto Baggio quell’incarico lo ricopre da agosto scorso, un tempo probabilmente sufficiente a fargli venire una nostalgia da campo.
Con le sue 44 primavere compiute Baggio sa che l’unica strada per vedere da vicino il campo da gioco è quella della panchina. Così, detto fatto, il Codino, martedì 8 giugno è prima andato ad inaugurare il corso per l’abilitazione da allenatore di seconda categoria e poi ci si è iscritto.
Per vederlo in panchina, in ogni caso, la strada non è brevissima: Baggio deve prima superare il corso che finisce a luglio e quindi potrà allenare, ma solo fino alla Lega pro. Per avere una panchina di serie A, invece, serve un corso da allenatore di prima categoria. L’ostacolo, ad ogni modo, nel Paese delle deroghe non è insormontabile. Un altro numero 10 dai piedi fatati, Roberto Mancini, ottenne comunque la possibilità di allenare la Fiorentina senza il famigerato “patentino”.
I dubbi, semmai, sono altri e tutti legati alla storia del calcio. Grande giocatore, è le legge non scritta, mai o quasi mai fa grande allenatore. Regola che diventa ancora più ferrea se l’ex calciatore in questione è anche un fantasista. Nè Maradona, nè Platini, per fare due esempi, hanno lasciato tracce indelebili in panchina.
Baggio, però, sembra volerci provare: “A casa, quando guardo le partite sembra semplice. Penso sempre a come schiererei io le squadre in campo. Però dal vivo è un’altra cosa”. La curiosità è lecita: difficile immaginare Baggio mettere in campo squadre “catenacciare” o attendiste. E lo spettacolo, soprattutto in Italia dove ultimamente latita, sarebbe decisamente il benvenuto.
