ROMA – Respira solo grazie ad un macchinario, il suo cuore alle 15 del 24 maggio 2014 batte ancora ma soltanto perché è un altra macchina a pompare sangue. Ciro Esposito è clinicamente morto, coma irreversibile. La famiglia si aggrappa a questa speranza in realtà disperata. Ma all’ospedale Gemelli, dove il tifoso del Napoli è ricoverato, nessuno si attende neanche il miracolo il ragazzo in mattinata ha già ricevuto l’estrema unzione.
Esposito è il tifoso del Napoli ferito il 3 maggio scorso a colpi di pistola nel pre-partita della finale di Coppa Italia nei pressi dello Stadio Olimpico di Roma. Ad aggravare le condizioni, negli ultimi giorni, un’infezione polmonare si è innestata in un quadro clinico già compromesso. A far temere il peggio erano state già le parole della madre, che in ospedale diceva: “Rimarrò al suo fianco fino all’ultimo”.
Esposito nelle ultime settimane aveva subito diverse operazioni, tra cui la prima al polmone. L’ultimo intervento lo aveva subito il 19 giugno scorso.
Per il ferimento di Ciro Esposito è in carcere Daniele De Santis, detto Gastone, un ultrà della Roma accusato di aver sparato in via di Tor di Quinto contro un gruppo di tifosi napoletani, tra cui c’era proprio Esposito. L’accusa contro di lui per ora è di tentato omicidio, ma potrebbe presto aggravarsi.
Martedì, quando si è diffusa la notizia delle condizioni di Esposito, numerosi tifosi napoletani si sono radunati sotto l’abitazione di Ciro, a Scampia. Altri gruppi di ultrà hanno deciso di partire alla volta di Roma, con destinazione il Policlinico Gemelli.
(foto LaPresse)