Apriti cielo. La convocazione è stata subito letta come l’invito a fare quella che in termini calcistici si chiama “torta”, un accordo preventivo sul risultato. Per di più a una tavola imbandita nel palazzo del Comune da una tifosa sampdoriana, per quanto tiepida e, come il fatto spiega, anche abbastanza digiuna degli usi e dei costumi del calcio.
La parte genoana della città è insorta, gridando all’intrallazzo benedetto istituzionalmente. La parte sampdoriana si è offesa urlando: “Noi vogliamo salvarci da soli senza la compassione degli odiati cugini e interventi esterni.”
Il frastuono proveniente dalle due tifoserie e la gelida reazione dei due presidenti, il genoano Enrico Preziosi e il sampdoriano Riccardo Garrone, sono saliti tanto e tanto si sono sommati, che la convocazione è stata subito cancellata e la signora sindaco, Marta Vincenzi, ha compiuto una acrobatica retromarcia, cercando di spiegare con interviste e comunicati, che lei voleva solo invitare le squadra a disputare un derby senza tensioni, che esulassero dal semplice scontro di gioco.
Troppo tardi: la frittata era già fatta e servita in tavola. Non solo: la mossa della convocazione era stata preceduta da un’altra iniziativa anch’essa assolutamente impropria nel linguaggio istituzionale: alla vigilia dell’ultima partita di campionato, che schierava a Genova la Samp contro una altra pericolante del campionato, il Brescia, la Vincenzi aveva incontrato la dirigenza e la squadra blucerchiata a Tursi, il palazzo del Comune per un incoraggiamento particolare.
Già questa iniziativa aveva squilibrato il clima già teso nel quale a Genova si gioca il famoso derby, la partita più sentita che ci sia, la partita che vale un campionato e forse ancora di più, indipendentemente dalla posizione in classifica delle due squadre genovesi, il vecchio Grifone genoano, la prima squadra di calcio in Italia nata nel 1893 e la Sampdoria, fondata nel 1946 con epicentro nei quartieri di Ponente di Genova, dove un tempo vivevano prevalentemente gli immigrati dal Sud Italia. Da qui l’urlo anatema storico dei genoani contro i sampdoriani: “Gabibbi!” epiteto dialettale di chiara radice araba con cui si apostrofavano ( e in parte si apostrofano ancora) gli stranieri del Sud.