Cosa era successo? Che quel filo tra il bomber in esilio e i Preziosi non si era mai interrotto. Fabrizio chattava e messaggiava con il campione lontano. Cinque sms dopo i quattro gol al Bernabeu: “Fantastico Diego, sei un mito” e il bomber rispondeva: “Non dimenticherò mai Genova e il Genoa. “
Promessa mantenuta e grande ritorno. Così il Principe Milito, erede, forse superiore al maestro, Enzo Francescoli, il campione uruguyano dal quale aveva strappato il soprannome per via di una imbarazzante somiglianza fisica nel viso e nel modo di accarezzare la palla, ripiomba a Marassi.
Non c’è bisogno di guardarsi negli occhi con Preziosi: si conoscono già. Milito va in campo il 16 di settembre contro il Milan di Ancellotti, di Kakà, di Pirlo di Ronhaldino, di Gattuso. Al 15 del primo tempo sullo 0-o è con le spalle alla porta, sullo spigolo dell’area. Gli lanciano una palla impossibile. Lui vola in cielo e angelicamente la doma, posandola sul piede di Sculli, l’ala destra genoana che folgora Dida il portierone milanista. Poi Milito segnerà lui in quel match del Grande Ritorno e il Genoa vincerà 2 a 0, incominciando il suo miglior campionato in serie A, dopo quello della squadra affidata a Osvaldo Bagnoli, nel campionato 1990-1991.
Questo è il biglietto da visita di Diego che torna nel calcio italiano. Poi di gol ne segnerà altri ventuno in quel campionato e ne farà segnare almeno altrettanti. Diventerà quel che oggi è un quasi Pallone d’oro. “Belin, ma come è migliorato!!”, si stupiranno gli scettici blu della torcida genoana e zeneise, mitica Gradinata Nord.
Se ne andrà da Marassi piangendo, venduto all’Inter verso il suo destino da grande e conserverà sempre un polsino con il Grifone sotto quello da gioco. E firmerà un patto segreto che i genoani non dimenticano e che Preziosi non conferma e non smentisce. Comunque la sua carriera procederà, Diego Milito, il Principe ora diventato Re proprio nella Spagna che non lo aveva scoperto, a qualsiasi età concluderà la sua carriera indossando per la terza volta la maglia del Genoa. Debito di riconoscenza. O no?