La formula 1 non è solo matematica: è cuore, e’ rosso passione, è talento, è anche fortuna. E prima o poi gira…
Fernando Alonso non aveva perso la speranza nemmeno quando, dopo il gp di Spa, la sua distanza dalla vetta della classifica era di cinquanta punti: troppi anche per uno che due titoli iridati li ha gia’ vinti. ”Affrontiamo sette finali, e magari recuperiamo quello che abbiamo perso fino ad ora” aveva detto dopo l’ennesimo gran premio sfortunato.
Eppure non si è mai chiamato fuori da quella corsa al mondiale che adesso, a due gare dalla fine, lo spagnolo studia dall’alto: dalle undici lunghezze di vantaggio che sotto il diluvio coreano ha confezionato, diventando da inseguitore inseguito. E se ti chiami Alonso e guidi una F10 che nel finale di stagione ha ritrovato smalto e velocità per gli avversari finora convinti di avere le mani sul mondiale si fa dura.
La corsa sul circuito inedito della Corea del Sud ha ribaltato una situazione che sembrava già scritta: con le Red Bull lanciatissime verso il doppio titolo (piloti/costruttori), grazie a una monoposto progettata per non avere rivali in termini di velocità e competitività. Ma è qui che l’uomo torna ad avere la meglio sulla macchina: per le Red Bull quella di Yeongam è stata una vera ‘Corea’ e se a Sebastian Vettel si può addebitare solo la sfortuna per aver rotto il motore dopo 45 giri (ma nella stagione il giovane tedesco di errori ne ha inanellati parecchi), Mark Webber il pasticcio lo ha combinato con le sue mani.
”E’ stata colpa mia, l’errore l’ho fatto io” ha ripetuto sapendo di aver buttato all’aria forse più di mezzo mondiale. ”Ma non è finita”’ ripete l’australiano, che il mastino spagnolo preferiva averlo alle spalle che davanti. Ma anche Alonso non perde la calma e pronuncia la stessa frase del rivale di casa Red Bull: ”Non è cambiato niente, il mondiale non è finito”.