ROMA – Un poker di forza, un poker nell’inviolabile Juventus stadium, un poker all’ultima squadra che, calendario alla mano, avrebbe potuto metterla in difficoltà. La Juventus umilia 4-0 la Roma, allunga a +3 sul Milan, e marcia decisa verso lo scudetto.
La pratica Roma è archiviata in poco più di sette minuti, quelli che servono ad Arturo Vidal per battere due volte Stekelenburg senza che la Roma, disegnata da Luis Enrique per correre un po’ di più e fraseggiare un po’ meno, riesca a superare centrocampo. A metà primo tempo, poi, arriva il sigillo: rigore con espulsione di Stekelenburg trasformato da Pirlo per il 3-0. Il resto è praticamente accademia con la Juve che rallenta e trova comunque il 4-0 con Marchisio.
Quanto alla Roma anche a Torino arriva l’ennesima brutta trasferta (6 ko in 7 gare). E saranno soprattutto le scelte di Luis Enrique a far discutere: fuori Totti, De Rossi ancora una volta difensore centrale, e rispolverato Perrotta trequartista di corsa. Scelte naufragate in sette minuti sotto il pressing alto (ed efficace) della Juventus di Conte.
Il Milan, invece, sembra non averne più. E una giornata che sulla carta doveva essere favorevole diventa, come in qualche modo temuto da “cassandra” Allegri, “devastante”. Col Bologna, infatti, i rossoneri non vanno oltre l’1-1. Visto quanto successo allo Juventus Stadium è forse la resa finale anche perché se c’è una squadra che la partita è andata vicina al vincerla è stato il “demotivato” Bologna. Per rimontare il gol di Ramirez, infatti, serve una prodezza di Ibra al minuto ’89, quando cioè è troppo tardi per alimentare una speranza di vittoria. Troppo tardi, forse, anche per sperare in una rimonta su una Juve che va come un rullo compressore.
Capitolo a parte, ancora una volta, è la lotta per il terzo posto che sembra diventata una grottesca gara a perdere. Oggi, infatti, vince solo il Napoli mentre tutte le altre non approfittano della frenata interna della Lazio, bloccata sull’1-1 dal Lecce. La squadra di Reja, che tanti punti ha saputo conquistare nel finale, stavolta è tradita dal finale. Il pari dei salentini (che ora vedono la salvezza a un solo punto) arriva infatti al minuto 90, con Bojinov. Reja mastica amaro e se la prende con i troppi palloni buttati nel finale. I risultati delle altre e il prossimo turno in casa del rassegnato Novara, però, gli danno qualche motivo per sorridere nonostante la beffa.
Il Napoli è stanco e si vede. Il Novara è rassegnato e si vede ancora di più. Così al San Paolo agli uomini di Mazzarri basta una partita tutto sommato normale per vincere 2-0 e tenere accesa una speranza di prendersi il terzo posto. A sbloccare la partita ci pensa, dopo 21 minuti Cavani, a chiuderla è Paolo Cannavaro. In realtà, nell’occasione che sblocca la partita è il portiere novarese Fontana a mettercela tutta per prendere il gol: rinvio sbilenco e scivolone nella stessa azione.
Tutto bene per gli azzurri? Non proprio: bastano quattro parole di Cavani a gelare il sangue ai tifosi: “Non so se resto”. Se il Napoli non arriva terzo sarà una lunga estate. Intanto, però, ai partenopei conviene pensare ad una partita per volta anche perché di squadre che stanno benone in zona podio non se ne vedono.
Di certo non sta benone l’Inter che a Firenze non va oltre uno 0-0 che casomai va stretto ai padroni di casa. La partita è una di quelle che con affrettato gergo pallonaro si definisce “una delle X finali”. I giocatori lo dicono sempre prima: “Saranno cinque finali”. Poi vai a vedere le partite è scopri che non è così, che sono partite normali, anche un po’ squallide. Tutte e due le squadre, per motivi diversi, hanno bisogno di vincerle, nessuna delle due fa poi troppo per farlo. Altro luogo comune del calcio: “Vince la paura”. A Firenze vince la noia, con l’Inter che tiene sempre il pallone ma non tira quasi mai e la Fiorentina che qualcosa crea e poi si divora con Ljaic il matchpoint dal dischetto.
Alla fine il punto, complice il naufragio del Genoa, è più utile alla Fiorentina (quota 38) che all’Inter (quota 49) sempre più distante dal terzo posto che significherebbe preliminari di Champions e conferma di Stramaccioni.
Non sta bene neppure l’Udinese che a Verona ottiene uno 0-0 in casa del Chievo. E, a vedere la partita, il risultato sta stretto ai padroni di casa mentre gli ospiti devono ringraziare Handanovic. In realtà la palla gol più ghiotta capita, in pieno recupero, sui piedi di Di Natale. La botta al volo, però, finisce alta e l’Udinese si deve accontentare di un punticino che la tiene nel mucchio delle pretendenti. La sensazione, però, è che l’Udinese tra tutte le squadre del lotto Champions sia insieme al Napoli quella con meno da spendere.
Sta abbastanza bene invece il Catania che, non appena tramontato il sogno Europa League, si rimette a giocare bene e vincere. Vittima settimanale è l’Atalanta, sconfitta 2-0 al Massimino. Per gli etnei arrivano un gol per tempo: nel primo quello di Gomez, nel finale quello di Seymour. La classifica, ora, per il Catania dice 46: tre soli punti dall’Inter. Un pensierino, insomma, la squadra di Montella all’Europa ce lo può ancora fare. Basta non dirlo ad alta voce. Quanto all’Atalanta i punti sono 40 (compresa la penalizzazione). Sono comunque tanti: non è detto però che bastino per la salvezza.
Nella parte bassa della classifica arrivano, in uno degli anticipi di sabato, tre gol e tre punti pesantissimi per il Parma di Roberto Donadoni. Il Cagliari, infatti, si arrende 3-0 al Tardini, piegato dal gol di Giovinco e dai rigori di Floccari e Okaka. Per il Parma la vittoria significa quota 41 e salvezza virtualmente archiviata. Per il Cagliari troppo presto “vacanziero”, invece, c’è ancora da sudare: 38 punti non bastano, nonostante la crisi senza fine del Genoa. C’è poi l’anomalia Cagliari: è una squadra senza stadio e non avere il pubblico quando i punti servono può essere un handicap. Difficile aggrapparsi al “cuore rossoblù” di Trieste.
La vergogna della domenica, invece, accade a Genova. E il risultato sportivo, Genoa-Siena 1-4, è solo un accessorio di cronaca. Non è un dettaglio la classifica del Genoa, un solo punto sopra il baratro. E non è un dettaglio quello che sullo 0-4 succede a Marassi con i tifosi rossoblù scatenati che fanno sospendere la partita a forza di fumogeni. Scena purtroppo già vista. Scena mai vista invece quella che segue: gli ultras decidono che la gara non può ricominciare perché gli “indegni” giocatori del Genoa devono togliersi la maglia. Squadra obbedisce al ricatto quasi compatta. Il quasi è Giuseppe Sculli che con i sequestratori di calcio tratta e gli dice che no, lui la maglia non se la toglie. Alla fine la gara riprende con i tifosi girati di spalle. Quasi certa la squalifica del campo che per il presidente Enrico Preziosi più che una iattura è una speranza.
A Cesena, invece, i padroni di casa pareggiano 2-2 con il Palermo. Risultato che fondamentalmente serve a poco a entrambe: i romagnoli attendono solo che li condanni la matematica (sono a 14 punti dalla salvezza e mancano 5 partite), i siciliani non ottengono 3 punti che gli avrebbero garantito tranquillità assoluta. Ora sono a quota 41: è vero che la quota salvezza si è alzata, ma sembrano comunque abbastanza.