La religione cattolica ci insegna che Gesù ritornerà un giorno a questa terra. Ma, per molti a Napoli, e nel sud dell’Italia, quel ritorno forse già succedette la Domenica 10 maggio, 1987. Fu allora che il Napoli vinse il suo primo scudetto, dietro alla figura di un uomo (o un dio) chiamato Diego Armando Maradona.
I più giovani in Italia ormai forse non sanno chi sia stato Maradona, o “Il Diego”, o “El Pibe de Oro”. Per milioni di tifosi in tutto il mondo, Maradona spinse il calcio in a livelli di popolarità internazionali mai visti prima, con il suo carisma personale. E la sua abilità con il pallone. Personaggio controverso, ma mai assente a lungo dalla prima pagina dei giornali.
Diego ridiede a tante persone la certezza di poter fare grandi cose, anche per chi viene da un passato di povertà, come fu il suo caso.
La sua morte prematura non fece altro che far crescere la sua aurea d’immortalità.
Diego stesso era cosciente del suo status di divinità. È famosa la sua risposta a un giornalista inglese. Costui, dopo che l’Argentina ebbe sconfitto l’Inghilterra nel Mondiale 1986, chiese a Maradona se aveva fatto un gol con la mano (il che era vero). “Sarà stata la mano di Dio”, Maradona dixit.
Per noi argentini che lo abbiamo seguito lungo la sua vita, il soggiorno terreno di Maradona si inserisce in un zona grigia, ai limiti fra la religione e la sociologia.
Dopo il cristianesimo una nuova religione, il calcio
Attraverso i secoli di storia dell’Argentina, come anche di quella degli altri paesi dell’America Latina (e dell’Italia), la Chiesa ebbe certamente una presenza importante nella costruzione della società.
Ma a principi del secolo XX nacque in Argentina qualcosa che potrebbe essere considerata una religione alternativa al cattolicesimo: il calcio.
Portato al mio paese dagli inglesi, ma rapidamente incorporato ai riti della società argentina, il calcio (o “la passione delle masse” come diciamo in Argentina), si trasformò in una ossessione nazionale.
Proprio come le chiese e i cimiteri, i campi di calcio si moltiplicarono per tutto il Paese. Dai campi di terra dei quartieri popolari dove ragazzini scalzi rincorrono un pallone di stracci. Sino agli stadi di squadre internazionali come la famosa “Bombonera” di Boca Juniors a Buenos Aires.
Il calcio offre a tutti i sudamericani, ma soprattutto ai più poveri, un’alternativa alla miseria, la droga e la violenza. Il calcio è un sogno che si rinnova ogni domenica, con il rito della partita che ci distrae dalle preoccupazioni quotidiane.
Diego padre della nuova religione, Leo il figlio
Se Diego fu il padre di questa nuova religione, allora Leo Messi (o “La Pulce”, soprannome dovuto alla sua bassa statura), può essere considerato il figlio proverbiale. Leo non ha mai vinto una Coppa del Mondo, come invece si riuscì a fare Diego. Però Messi diventò anche lui un fenomeno sportivo mondiale. Che raccattò centinaia di milioni di addetti alla religione del calcio in tutto il pianeta. Dal Bangladesh alla Malesia, e dall’Australia alla California, la figura di Messi è adorata con fervore ecclesiastico da quei accoliti del calcio. Che forse sono troppi giovani per ricordare i trionfi di Diego.
Arriverà un nuovo personaggio del calcio mondiale per completare la Santissima Trinità? Ancora non lo sappiamo. Ma mi piace pensare che forse oggi stesso qualcuno fra i bambini che vediamo correre dietro al pallone a Napoli o Milano prenda un giorno lo scettro di questa passione inspiegabile. E ci mostri la strada verso un nuovo paradiso terrestre.
Molti di noi forse non saremo più presenti per conoscere e seguire il nuovo idolo quando questo arriverà. Ma, dopotutto, in questo consiste la religione: la fede in un aldilà che sconfini i limiti della realtà. E ci ritrovi un giorno giocando nella squadra di Dio.
Ricardo Preve è un regista e giornalista italo-argentino che vive negli USA. I suoi documentari sono stati trasmessi su catene internazionali come National Geographic e la RAI. @rickpreve su Twitter e Instagram