Quando la Corea del Sud giocherà contro la Grecia la sua prima partita dei mondiali la vita non si fermerà di colpo nelle strade della capitale. Seoul non sarà, come molte città d’Italia quando gioca la nazionale, un deserto urbano, dove passa solo qualche autobus solitario e dove si sentono solo, dietro le finestre e le tende, i rumori delle partite. Non sarà così per una ragione molto semplice, che non è quella che forse ci si aspetterebbe.
In Corea del Sud la televisione è mobile, wireless. Tutti possono vederla in qualsiasi momento, ovunque si trovino. Basta solo possedere un cellulare attrezzato di una piccola antenna ricevente.
Nel paese asiatico sono cinque anni che questa tecnologia, solo all’apparenza rivoluzionaria, è entrata nel mercato. Si tratta ormai non solo di un prodotto della tecnica scelto da pochi ma di un vero e proprio costume radicato nella quotidiantà. Secondo i dati ufficiali, circa 27 milioni di persone – il 56 per cento della popolazione – guarda la televisione mobile regolarmente. Se Seoul è il leader mondiale di questa tecnologia, il resto del mondo negli ultimi anni non è rimasto a guardare, e il mercato della televisione wifi si sta ancora espandendo velocemente. Sono ormai interessati dal fenomeno anche la Cina, il sud-est asiatico, India, l’Africa, l’America latina; tutto il mondo dunque, fatti salvi Europa e America.
In Occidente per adesso, si è ancora al livello delle intenzioni. Qui, la resistenza degli operatori e un groviglio di differenti standard tecnici e ostacoli di copyright tengono la tecnologia ancora lontana da una concreta applicazione. Inoltre, negli Stati Uniti come in Europa sono gli operatori a determinare quale tecnologia finisce negli apparecchi. Da qui il paradosso: uno dei grandi ostacoli allo sviluppo della televisione mobile è che è gratis e non comporta entrate per gli operatori, che sono dunque restii, o nel migliore dei casi indifferenti, a questa tecnica.
