ROMA – Sulle nomine Rai, Pier Luigi Bersani non mostra segni di cedimento. Il leader del Pd ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo ribadisce: “Sulla Rai penso che i partiti non debbano nominare. Il Pd non lo farà, la governance non può stare in piedi così”. Resta sulle sue nonostante il pressing dei suoi e i rischi, concreti, che questo porti a una prevalenza di centrodestra, molto interessato ad avere per altri tre anni la maggioranza del Cda. Chi non alza le mani è invece Lorenza Lei, direttore generale uscente che ha incontrato il premier Mario Monti per un’ora.
Lei si è voluta assicurare una exit strategy di tutto rispetto: era subentrata a Mauro Masi solo un anno fa. Forte dell’appoggio di Pdl, e della Chiesa, sperava di essere riconfermata. Chiede un posto di rispetto in un’altra azienda pubblica o a capo di Rai Fiction. Dalla viva voce di Lorenza Lei il premier ha poi sentito quello che si presenta dietro l’angolo per la Rai: il nodo cruciale dei palinsesti. Considerando i magri bilanci e la difficoltà economica generale diventa prioritario arrivare presto alla nomina del nuovo vertice. Il 18 giugno a Milano e due giorni dopo a Rioma sono in programma gli appuntamenti con gli investitori pubblicitari. Le scadenze dettate dal mercato non paiono troppo allineate ai passaggi formali necessari. E’ stata l’obiezione della Lei che, subito dopo l’incontro a Palazzo Chigi, ha fatto diramare una nota ai suoi dipendenti vietando loro l’uso dei social network.
Intanto i partiti si limitano alle schermaglie, anche se la mossa del Governo ha costretto le varie anime della maggioranza a uscire allo scoperto. Sulle scelte di Monti il malcontento sembra essere trasversale. Nichi Vendola, Sel, ha detto: “Si chiamano funzionari Bankitalia e Bank of America. Con un pò di malizia penso che l’obiettivo sia quello di privatizzare”. I sospetti anche dalla Fnsi che chiede “la più netta discontinuità rispetto alla gestione attuale” e che “venga chiaramente esplicitato il mandato dei nuovi vertici”.
Ci sarebbe poi un inedito tandem Di Pietro-Santanchè. Il leader Idv chiede al presidente della Vigilanza Rai Sergio Zavoli, di “convocare la dottoressa Tarantola allo scopo di conoscerne intendimenti e programmi”. E la Santanchè, sulla stessa lunghezza d’onda: “A quei nomi avrei preferito Santoro, che almeno la tv la sa fare. Mi auguro che il mio partito non voti questo golpe”. I nomi su cui punta il Pdl sono quelli di Antonio Verro, che ha lasciato la Camera per votare la conferma di Maccari e difendere la Lei. Guido Paglia, oggi responsabile delle comunicazioni di Viale Mazzini. Rubens Esposito, ex ufficio legale Rai.
Nervosismi ci sono stati anche in casa Lega: la base è in subbuglio perché la Lega partecipa alla lottizzazione del Cda Rai con una trentenne sponsorizzata da Luca Zaia, Gloria Tessarolo, già nel Cda di rai Fiction. Maroni ha dato l’assenso, perché tra 20 giorni lo attende il congresso federale e non vuole inimicarsi i veneti.
Il leader Udc Casini ha proposto invece al governo di nominare anche i sette consiglieri di nomina parlamentare, rinunciando in questo caso a dare indicazioni di nomine. La stessa proposta era stata avanzata dal pd Fioroni.