Di Margherita Ragg di Thecrowdedplanet.com
Nell’isola filippina di Danjugan, la natura è fragile.
Un viaggio alle Filippine nella maggior parte dei casi diventa un viaggio di alti e bassi ambientali – da spiagge incontaminate a fiumi sporchi, dal maltrattamento animale a progetti ecologici di successo.
Durante il nostro mese nell’arcipelago abbiamo avuto modo di visitare cinque isole molto diverse, dove abbiamo avuto esperienze indimenticabili a contatto con la natura. Abbiamo fatto immersioni con le tartarughe di mare vicino ad Apo Island, incontrato i tarsi di Bohol, e visto gli squali volpe di Malapascua nuotare negli abissi al sorgere del sole.
Abbiamo anche notato il lato più oscuro dello sviluppo turistico. Fauna selvatica in mostra per i turisti in condizioni terribili. Siti di immersione sovraffollati con subacquei inesperti, che danneggiano i coralli giorni dopo giorno. Famiglie che vivono in baracche proprio accanto a lussuosi hotel e resort.
Fortunatamente, ci sono anche alcune storie di successo. Danjugan è una di queste – la storia di una famiglia amante della natura che ha deciso di investire i propri risparmi per salvare un’isola.
Quando abbiamo detto alle persone che incontravamo in giro Filippine che Danjugan sarebbe stata la nostra prossima tappa, la maggior parte dei viaggiatori (e anche alcuni locali) rispondevano: “Dan-cosa?” L’isola è così piccola che è anche difficile da trovare su Google Maps. E ‘situata appena al largo della costa di Negros Occidental, quattro ore a sud di Bacolod, l’aeroporto principale della zona.
Danjugan è un paradiso dell’ecoturismo. Tutto è costruito in maniera sostenibile, al fine di minimizzare l’impatto ambientale. Non c’è elettricità ma solo pannelli solari. Tutte le sistemazioni sono in capanne aperte, in cui è possibile addormentarsi ascoltando i suoni della natura, o in piccole casette costruite con il fango dall’isola. Il cibo è preparato dagli abitanti del villaggio di Bulata, situato proprio di fronte all’isola.
Nei nostri tre giorni sull’isola, abbiamo percorso i sentieri dell’isola, mentre un aquila petto bianco ci osservava dal suo nido in cima all’albero più alto dell’isola. Abbiamo seguito grida misteriose fino ad una grotta piena di pipistrelli appesi soffitto.
Abbiamo seguito gli squali del reef intorno alla barriera corallina, visto pesci pagliaccio nuotare intorno agli anemoni, pesci bandiera scivolare dolcemente verso le acque profonde, pesci pappagallo fluorescenti e raggi di sole che filtravano dalla superficie. Ovunque nuotavamo, l’oceano era vivo.
Era quasi impossibile immaginare che, soli 30 anni fa, questa isola filippina stava morendo. Il signor Gerry Ledesma aveva un forte legame emotivo con l’isola, dopo averla visitata ogni anno a partire dal 1970 con il suo gruppo sub. Era innamorato dell’aspetto ‘selvaggio’ dell’isola, e della natura viva e rigogliosa in ogni suo angolo.
Negli anni Ottanta la situazione è precipitata. Gli abitanti del luogo hanno iniziato a praticare la pesca con la dinamite intorno a Danjugan, dopo che la miniera dove lavoravano è stata chiusa, distruggendo i fondali marini. Gli alberi dell’isola venivano tagliati illegalmente.
Gran parte di questa distruzione era approvata dai proprietari dell’isola, che addirittura permettevano ai bracconieri di strappare gli aquilotti dal nido.
Il signor Ledesma ha quindi deciso di comprare l’intera isola, per salvarla, e farla ritornare al suo stato originale e incontaminato.
Delle cinque isole filippine che abbiamo visitato, Danjugan è stato quella in cui siamo stati più in grado di apprezzare la natura nel suo stato primordiale. Le spiagge erano modellate dal vento e dagli elementi, non da giardinieri con rastrelli. Nella giungla, eravamo soli con il respiro degli alberi e lo svolazzare degli uccelli. Le maree influenzavano il nostro movimento, aprendo e chiudendo il passaggio tra una baia e l’altra.
Danjugan è stato sicuramente la nostra tappa preferita nelle Filippine. Non era solo un bel posto, ma anche un impressionante storia di successo ambientale. L’isola è stata salvata dal baratro della distruzione ambientale e restituita alla sua forma originaria grazie al lavoro del signor Ledesma e altri amanti della natura.
Per noi, questa isola filippina era un simbolo di quello che l’ecoturismo potrebbe essere: un’opportunità di apprendimento trasformativo, e un’avventura all’aria aperta.