
ROMA – Vicolo di Casale Rocchi, zona Pietralata, prima periferia est di Roma. C’è un campo in erba sintetica, il “Nicolino Usai”, che sarebbe introvabile, in una zona di strade bucherellate che si perdono fra la campagna e i capannoni, se non fosse per i cori da stadio che ti guidano meglio della segnaletica.
È una partita di terza categoria, ma sugli spalti ci sono 500 spettatori: gioca l’Ardita, squadra nata nel 2011 come Ardita San Paolo, poi diventata semplicemente Ardita perché aveva seguaci in tutta Roma e non solo in quel quartiere.
L’Ardita pratica e sostiene il “calcio popolare”, cioè si finanzia con i suoi stessi tifosi, che ne sono soci e ne diventano a turno dirigenti, prendendo ogni decisione in assemblea.
Tifosi che domenica 16 novembre, alle 11 di mattina in “trasferta” a Magliano Romano, sono stati aggrediti a bastonate in un raid organizzato da estremisti di destra, arrivati con una decina di macchine e scappati dopo aver pestato per tre/quattro minuti la ventina di seguaci dell’Ardita presenti.
Sei i feriti ricoverati all’ospedale di Monterotondo, dei quali uno viene trasferito al Policlinico di Roma perché ha una frattura scomposta all’avambraccio.. Per il blitz sono stati arrestati nove neofascisti, fra i quali, scrive Luca Pisapia sul Fatto Quotidiano:
Diego Gaglini, 26enne di Vitorchiano, già candidato sindaco di Viterbo per Casapound alle ultime elezioni comunali del 2013 dopo che l’anno prima, sempre per Casapound, si era candidato alle Regionali. Se da via Napoleone III, sede storica di Casapound, non sono arrivati comunicati ufficiali, su twitter il responsabile nazionale Simone di Stefano ha detto: “Gaglini è innocente, ed è mio fratello”.
Insieme a Gaglini sono stati arrestati altri due noti picchiatori neofascisti: Ervin Di Maulo di 32 anni e Roberto Spolverini di 28. Di Maulo, già arrestato nel 2011 per l’aggressione di due ragazzi nel centro storico di Viterbo era anche stato sottoposto a un Daspo di tre anni per violenze durante Viterbese-Montefiascone e dovrà quindi rispondere, oltre che di lesioni aggravate personali per i fatti di domenica, anche di violazione della misura restrittiva del Daspo.
Gli altri sei giovani ai domiciliari sono tutti residenti nella Tuscia tra i 18 e i 27 anni, nelle loro abitazioni sono stati trovati vessilli, manifesti e altro materiale propagandistico di estrema destra. I carabinieri stanno ancora cercando le altre persone, una decina, responsabili dell’aggressione: le indagini sono rivolte negli ambienti dell’estrema destra laziale.
Sabato, un paio di ore dopo che l’Ardita aveva finito di festeggiare la vittoria sullo Shot Cassia, nella curva della Lazio è comparso uno striscione di solidarietà. Con gli aggressori di Magliano Romano: “Viterbesi liberi”.
Al “Nicolino Usai”, dove il ragazzo col braccio rotto è in prima fila – lo riconosci dal gesso – si respira un aria diversa. Fumogeni, bandiere, striscioni: “Lo sport popolare non si tocca” e “Certe luci non puoi spegnerle”. Per entrare non c’è bisogno di tessera. Al limite si può fare la tessera dell’Ardita (25 euro sostenitore, 50 euro socio). In campo molto cuore, poca tecnica e qualche pancetta.
L’agonismo è tanto, ma non c’è quella sensazione di rissa imminente così frequente nei campionati minori e nelle partite dei ragazzini. Dagli spalti non arrivano istigazioni all’omicidio o ad operazioni senza anestesia, ma cori modulati su canzoni romane come “Lella” o “Tanto pe’ cantà”, oppure su evergreen dei Depeche Mode come “I Just can’t get enough”, o ancora su cori delle barras bravas argentine.
Alla fine vince 1-0 l’Ardita (gol al 61′ di Ricca, per la cronaca), che così conserva l’imbattibilità casalinga. E anche il pubblico dell’Ardita sembra difficile da battere. Le mazze, a quanto pare, non bastano.
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FESTEGGIAMENTI A FINE PARTITA:
