JOHANNESBURG – Ehlanzeni e Vusimuzi sorgono ai margini dell’ex borgata di Tembisa, (nella provincia di Gauteng, Sudafrica).
Le linee elettriche dell’alta tensione che sovrastano l’insediamento di Vusimuzi trasportano energia a Johannesburg, ma lasciano gli abitanti di questo slam completamente al buio. Un istmo di terra divide le baracche da un enorme cimitero e due quartieri più ricchi.
Malgrado in Sudafrica l’apartheid sia stato abolito da più di 20 anni, poveri e ricchi nel paese africano vivono ancora in due mondi separati. Le baracche, in zone ricche come Città del Capo o nelle città della provincia industrializzata di Guateng, sono presenti a poche centinaia di metri da case con giardino, piscina e connessione wi-fi. Due mondi opposti che si guardano, che fisicamente non sono affatto distanti. A immortalare la geografia sociale di alcune aree del Sudafrica il fotografo statunitense Johnny Miller nel progetto ”Unequal Scenes”, (scene di disuguaglianza).
Come scrive Repubblica, Miller
“Nel 2011 si è trasferito nel Paese per studiare antropologia all’università di Cape Town, con un interesse particolare per l’urbanistica e l’architettura nata sotto il segno dell’apartheid. ”E’ stato lì che ho notato le zone cuscinetto che servivano a dividere quartieri e determinati gruppi sociali – racconta Miller – e ho immaginato che forse avrei potuto mostrare questa prospettiva da un’altra angolazione.Dall’alto il punto di vista cambia completamente. E’ facile mostrare i panorami suggestivi di questo bellissimo Paese, più complesso utilizzare la fototografia aerea per catturare le differenze sociali”.
Le fotografie, sono state scattate con un drone che ha realizzato anche un video. Le aree interessate sono i villaggi di Ehlanzeni e Vusimuzi che sorgono ai margini dell’ex borgata di Tembisa nella provincia di Gauteng e Masiphumelele, località che dista a soli 20 chilometri da Città del Capo. Nelle foto si vedono anche dei tralicci elettrici che trasportano la corrente in grandi città come Johannesburg. Gli slam immortalati qui, restano invece al buio.
Ancora Repubblica:
“L’obiettivo finale del reporter è quello di presentare il lavoro svolto all’interno delle comunità coinvolte e creare un dialogo: ”Sarei contento se questo potesse servire ad aumentare la consapevolezza delle cose, situazioni del genere esistono in tutto il mondo, non solo in Africa. Recentemente, mentre tenevo un discorso davanti a una platea, un uomo sconosciuto mi ha detto che sto dando voce a milioni di persone con queste immagini. Le sue parole mi hanno profondamente colpito, mi hanno aperto gli occhi. Ecco perché non smetterò mai di pubblicarle”.
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