ROMA – Non solo mare e coste: la marea nera del Golfo del Messico causata dal disastro della Deepwater Horizon ha prodotto anche una colonna d’aria inquinata, creata dall’evaporazione del petrolio. Il fenomeno, descritto su Science, ha portato anche a scoprire un nuovo meccanismo di formazione degli inquinanti atmosferici che potrebbe cambiare il modo in cui è analizzata e valutata la qualità dell’aria nelle città .
La ricerca, coordinata dall’Agenzia americana sugli oceani e l’atmosfera (Noaa), ha dimostrato per la prima volta che tra i componenti dell’aria inquinata ci sono degli ”insospettabili”: finora si credeva che fossero solo le particelle prodotte dagli idrocarburi più leggeri, ma i nuovi dati indicano che anche gli idrocarburi più pesanti giocano un ruolo niente affatto secondario.
”Siamo in grado di confermare che un’importante porzione di particolato inquinante è formata da sostanze poco misurate perché finora considerate poco abbondanti”, ha osservato il coordinatore della ricerca, Joost de Gouw.
La colonna d’aria inquinata prodotta dalla macchia nera è stata studiata grazie ad una campagna di voli condotta fra l’8 e il 10 giugno 2010 con un aereo dedicato alla ricerca, chiamato ”cacciatore di uragani”. Si è visto così che la colonna è formata non soltanto da composti organici molto leggeri e che per questo evaporano più facilmente, ma che in essa sono presenti anche composti molto pesanti.
Quest’ultima scoperta è stata una sorpresa che, secondo i ricercatori, suggerisce la ”necessità urgente” di misurare e analizzare la presenza nell’ambiente dei composti meno volatili.