ROMA – Comunali, Pd elitario e centralista. E il popolo lo snobba. “Mi colpisce che Giachetti vince solo ai Parioli e al centro di Roma. Alla Barriera Milano di Torino passiamo dal 55% al 35%. Dati impressionanti. Segnali profondi che ci devono invitare all’umiltà”: colpisce ovviamente non solo Miguel Gotor, della sinistra bersaniana, l’ennesima distrazione di un Pd che torna al suo vizio capitale, quello di perdere per strada pezzi di popolo.
Pregiudicando la sua ragione sociale. Che sia una distrazione pesante lo si può cogliere nelle diagnosi e nelle terapie del gruppo dirigente. Per Gotor è tutta colpa di Verdini (“è come Attila, dove passa lui muore il Pd”) e dell’autolesionista demonizzazione dei grillini.
Dall’altra parte della barricata che divide il Pd, in campo renziano, Matteo Orfini sembra quasi rassegnato a un Pd debole nelle periferie e al crollo delle liste: “E’ un fenomeno purtroppo di lungo corso, sono mesi che lo segnaliamo e ci lavoriamo, onestamente non è una sorpresa visto quello che abbiamo alle spalle”.
La governatrice del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani ha capito invece che degli elettori non si capisce più da che parte stiano: “Non è vero che perché uno è operaio vota a sinistra, perché uno fa l’imprenditore vota a destra, siccome uno è arrabbiato vota 5 Stelle. Non funziona così”. Già, e come funziona?
In Veneto, per dire, il massimo dei consensi il Pd l’ha ottenuto ad Adria, con il 18%: la media in tutta la Regione è un misero 10%. Sul territorio è la Lega Nord che mena le danze, perché esclusivamente di territorio si occupa il governatore Zaia.
L’altro segnale politico è quello della Lega governativa. Il presidente della Regione Zaia ha fatto campagna elettorale praticamente a tappeto, ma molto hanno inciso anche gli amministratori locali, con sindaci uscenti che sono stati riconfermati già al primo turno. Praticamente un giudizio sull’amministrazione. I casi di Montebelluna con Marzio Favero e di Villorba con Marco Serena che hanno vinto subito con il 52% sono indicativi. (Alda Vanzan, Gazzettino.it)
La lezione che si trae non è complicata: gli elettori vogliono essere governati in loco, non da dirigenti eterodiretti da Roma, di cui non capiscono beghe e acrobatici equilibrismi. Vale al Nord, ma vale anche al Sud.
Dopo il crollo di Valeria Valente a Napoli, il premier e segretario del Partito democratico, Matteo Renzi si accorge – e solo ora – che nel capoluogo campano c’è un problema Pd. Ma esiste il Partito democratico in Campania? E se sì, che partito è? Chi lo governa? Chi decide? Chi sposta i voti e a che prezzo lo fa? È giusto ancora parlare di Pd o sarebbe il caso di parlare, oggi, del partito del governatore Vincenzo De Luca? Lo sceriffo “vince” a Napoli e Battipaglia e a mani basse a Salerno. E piazza i suoi candidati a Giffoni Valle Piana, a Montecorvino Pugliano e Castellabate. (Carlo Pecoraro, La Città di Salerno)