” Levatevi dalle scatole, lasciatemi in pace, almeno da morto”, così si sarebbe espresso Mario Monicelli, se avesse potuto ascoltare il dibattito a lui dedicato, che si è svolto stamane nell’aula della Camera dei deputati. Forse ne avrebbe ricavato l’idea per un di quei suoi film graffianti, ricchi di sarcasmo contro le ipocrisie, i bigottismi, le doppiezze di tanti italioti.
Quello che doveva essere un momento di ricordo dedicato ad un grande maestro del cinema, e così lo ha ricordato Walter Veltroni, si è scatenato un allucinante dibattito sul diritto alla vita, sul rischio di santificare un suicida, sulla necessità di difendere la vita e la speranza sempre e comunque. Si sono risentite le stesse identiche invettive già scagliate contro Beppe Englaro e Mina Welby, quasi fossero costoro i testimonial del partito della morte.
Abbiamo un grande rispetto per i credenti di ogni confessione, ma questo clima di intolleranza, questa crociata permanente non ci piace per nulla e non porterà nulla di buono. In nome di cosa ci permettiamo di dare giudizi sulle scelte più intime di una persona? Chi siamo per voler interferire sempre e comunque nella vita degli altri? Cosa sappiamo del dolore e delle tragedia che sconvolgono una esistenza? Almeno in questi casi sarebbe opportuno coltivare il silenzio, abbandonare gli assoluti, interrogarsi con pudore e senta toni gladiatori, sarebbe ancora più opportuno farlo dentro le aule parlamentari.
Ci resta, infine, la curiosità di sapere quale sia la gerarchia, per un credente, tra i cosiddetti peccati mortali. Di questi tempi, infatti, anche se non mancano le eccezioni, basti pensare al cardinale Martini, si alzano sempre più spesso voci tuonanti contro l’eutanasia, contro l’omosessualità, contro le coppie di fatto, al contrario i toni sono assai più sfumati e delicati, quando si tratta di salire sui tetti e gridare contro la corruzione e la concussione, contro i governanti che esibiscono vizi pubblici, contro la distruzione dell’etica pubblica e privata, contro lo sfruttamento degli ultimi, in questi casi prevale proprio quel relativismo etico che, a giorni alterni, viene colpito da scomunica.
Mario Monicelli aveva fastidio proprio per il tartufismo, per il doppiopesismo, per la doppia morale. A noi piace ricordarlo giovane novantenne, capace ancora di stupirsi e di indignarsi, sempre pronto a sostenere tutte le battaglie per la legalità e per la difesa della Costituzione.
Non sappiamo perchè abbia deciso di morire, sicuramente ha vissuto, sino alla fine, manifestando una immensa passione civile ed una grande generosità umana ed artistica, sentimenti non troppo frequentati da chi si è permesso di ergersi a suo giudice nella aula della Camera dei deputati.
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