ROMA – Dalla strategia mediatica dell’Isis tutta rivolta a riversare terrore su rete e social network al caso dell’adolescente americano che pochi mesi fa ha ucciso il suo compagno di classe, si è fatto una foto col cadavere e l’ha spedita via chat ai suoi amici. Senza dimenticare la strage di studenti in Norvegia nel 2011, ‘preparata’ passo passo su Internet dal pluriomicida Anders Breivik.
Sono solo alcuni casi di esibizionismo estremo, criminale, sul web, culminati con l’episodio odierno in cui l’uomo sospettato di essere il killer di una reporter e di un cameraman in Virginia, Usa, ha spiegato il suo gesto online su Twitter e Facebook subito dopo aver fatto fuoco, postando anche un video e invitando a vederlo.
Le decapitazioni e le morti cruente dei prigionieri dell’Isis sono oramai dettagliatamente documentate sul web e pensate a tavolino come fossero sceneggiature di un film. Una strategia del terrore, volutamente estrema, volta a creare la maggiore risonanza mediatica possibile, tanto che alcuni network televisivi e testate giornalistiche hanno oramai scelto di non diffonderle più integralmente.
Oltre al caso particolare dell’Isis, questo esibizionismo criminale sul web è entrato anche nella cronaca quotidiana. Pochi mesi fa ha fatto scalpore il caso di un sedicenne che in Pennsylvania (Usa) ha ucciso con un colpo di pistola alla testa un suo compagno di classe, immortalandosi insieme al cadavere e spedendo la foto ai suoi amici su Snapchat.
Mentre a giugno scorso il killer del massacro nella chiesa di Charleston frequentata da afroamericani, Dylann Storm Roof, aveva postato su un sito tutta la sua follia: un manifesto sulla supremazia della razza bianca con decine di foto in posa con le armi, mentre brucia la bandiera americana e visita siti storici del sud, tombe dei soldati confederati e scrive: “Non ho altra scelta”.
Un altro caso di rabbia maturata e sfogata sulla rete è quello di Anders Breivik, che nel 2011 uccise 77 studenti sull’isola di Utoya in Norvegia. Progettava da due anni la strage: nel 2009, infatti, aveva pubblicato sul web un voluminoso memoriale in cui spiegava nei dettagli i preparativi della spedizione, aspettandosi di essere ricordato “come il più grande mostro dopo la Seconda Guerra Mondiale”.