ROMA – Non è ancora, almeno formalmente, il presidente della Bce eppure per Mario Draghi c’è già una piccola “grana” tedesca. Colpa della Grecia in crisi e delle strategie da mettere in piedi per tentare di salvare il salvabile evitando un default che avrebbe ripercussioni su tutta l’Eurozona già in crisi.
Il governatore di Bankitalia, infatti, nel documento programmatico nviato al Parlamento europeo in vista dell’audizione del 14 giugno per la nomina, spiega in modo chiaro che il suo mandato sarà all’insegna della continuità. Significa che la Bce a guida Draghi manterrà la stessa linea sulla Grecia di quella attuale: no alla ristrutturazione del debito (ovvero il rinegoziare tassi e scadenze dei prestiti) .
Per Draghi, infatti, “una ristrutturazione di uno stato membro della zona euro comporta il rischio significativo di destabilizzare il sistema finanziario, con gravi conseguenze per le prospettive di crescita della zona euro”. Detto in parole povere, più costi che benefici.
La Germania, invece, sul tema sembra avere idee decisamente diverse: secondo il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble alla Grecia servono 90 miliardi fino al 2014 per evitare il default. Così, mercoledì 8 giugno, Schauble ha proposto di far slittare di sette anni le scadenze di pagamento dei bond ellenici.Ovvero una piccola ristrutturazione del debito. Spiega il quotidiano Il Giornale che si tratterebbe di una ricetta “meno invasiva se confrontata alla terapia-choc del taglio di capitale, è la soluzione soft che neppure l’Fmi disdegna”.
Rimane un dettaglio: andrebbero convinti i creditori della Grecia, quelli che i loro soldi li vorrebbero nei tempi previsti e non fra sette anni.
Draghi, in ogni caso, preferisce la strada già tracciata dalla Bce, :”Con ogni probabilità attuare il programma di risanamento è l’opzione meno costosa per tutte le parti coinvolte”. Il presidente di Bankitalia non vuol sentir parlare neppure degli Eurobond che tanto piacciono al suo “nemico” Giulio Tremonti: solo con “importanti cambiamenti istituzionali”, attualmente “improbabili”, è possibile pensarli. I Paesi dell’Eurozona devono, secondo Draghi “migliorare ulteriormente il coordinamento delle politiche” e “rafforzare la sorveglianza macroeconomica”.