ROMA – L’ultima delega fiscale che accoglie le norme sulla certezza del diritto anche in ambito tributario ha (ri)stabilito un principio che nella difficile definizione di abuso del diritto e della elusione fiscale sembrava compromesso: il decreto legge 128 riconosce in sostanza per legge che tra i diversi regimi fiscali previsti dal nostro ordinamento il contribuente può scegliere l’opzione meno onerosa, quella cioè più vantaggiosa per lui.
E abroga quella disposizione (articolo 37 bis del Dpr 600/73) che elencava quelle operazioni elusive con cui l’amministrazione poteva disconoscere e oltre una certa soglia trasferire in ambito penale a partire dal principio che dove c’è il risparmio fiscale indebito c’è reato.
Nei procedimenti penali con i quali si intendeva perseguire comportamenti di elusione fiscale e abuso del diritto, diventati reati al di sopra di certe soglie di punibilità, scatterà l’archiviazione perché quelle condotte elusive non costituiscono più reato penale. Dal primo ottobre, in base al principio del favor rei, tali violazioni non potranno essere perseguite penalmente anche se commesse in passato (retroattività).
Persino in udienza, rispetto ad atti di accertamento già notificati, si è assistito all’utilizzo del divieto di abuso del diritto da parte dell’Agenzia dell’Entrate come motivazione di supporto, come se l’assenza di valide ragioni economiche potesse essere un jolly da giocare in qualsiasi situazione per sostenere le tesi erariali. Con il decreto sulla certezza del diritto questa stagione è definitivamente tramontata.
Da una parte la contestazione dell’abuso del diritto è assistita da specifiche garanzie procedurali, dall’altra la contestazione dell’abuso diventa residuale: l’Agenzia delle Entrate potrà contestare l’abuso del diritto solo se i vantaggi fiscali ritenuti indebiti non possono essere disconosciuti mediante l’applicazione di norme tributarie la cui natura è precettiva.
L’abuso del diritto deve essere in particolare accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni. La richiesta di chiarimenti, in cui devono essere indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto, deve essere notificata entro il termine di decadenza previsto per la notifica dell’atto impositivo. (Vincenzo Josè Cavallaro, Italia Oggi).