ROMA-Equitalia sta per divorziare dai Comuni ed รจ un divorzio “per colpa”, delle amministrazioni cittadine. E’ il governo che spinge al divorzio ed Equitalia ci sta. Causa e colpa del divorzio sono le multe, quelle che Equitalia riscuote per conto dei Comuni. Troppo spesso perรฒ arriva, firmata Equitalia, un’ingiunzione a pagare multe giร pagate, oppure annullate dopo i ricorsi. I Comuni non sono in grado di comunicare ad Equitalia quali davvero sono le multe davvero da pagare e quali no. Equitalia non sa e manda ingiunzioni di pagamento, calcola sovrattasse, minaccia e realizza ganascia fiscale. Risultato: i cittadini sono furiosi con Equitalia e, per assonanza, con il fisco in generale e quindi con lo stesso governo. Governo ed Equitalia non ne possono piรน di incamerare rancore e stano decidendo di dire ai Comuni: le multe andate a riscuoterle da soli.
D’accordo dunque con il governo Equitalia e le sue societร non parteciperanno piรน alle gare che i Comuni dovranno indire nel 2012 per l’affidamento dei servizi di riscossione delle multe. Giulio Tremonti e Attilio Befera, ministro dell’economia e direttore dell’Agenzia delle Entrate sono d’accordo che sia un buon affare ritirarsi e non mettersi piรน “in mezzo” tra cittadini e Comuni. Dalla riscossione dei crediti fiscali dei Comuni Equitalia guadagna il 9 per cento dei riscuotibile, circa 170 milioni su poco meno di due miliardi. Poco, molto poco a fronte della impopolaritร di una riscossione che risulta arbitraria e vessatoria soprattutto per colpa dei Comuni. Prima di questo passo, prima di annunciare il divorzio, Befera ha fatto di tutto: ha regalato computer ai giudici di pace perchรฉ potessero connettersi e comunicare con i Comuni, poi ha chiesto ai Comuni di verificare la fondatezza delle proteste dei cittadini raggiunti dalla multa a casa. Niente da fare, i Comuni non sono in grado di sapere e rispondere. Quindi divorzio, rottura e i “cocci”, cioรจ le multe se le tengano i Comuni.
Non รจ l’unica mossa che il governo sta preparando per avere un fisco meno brutale almeno nei modi. Da luglio il fisco, in caso di accertamento fiscale diventato esecutivo, esige che il contribuente definitivamente “accertato” osservi l’obbligo di legge di pagare tutto l’importo richiesto, o la metร se fa ricorso, entro 120 giorni. Pochi, pochissimi perchรฉ la macchina della giustizia tributaria non รจ in grado in quattro mesi di dire chi ha ragione o torto tra fisco e contribuente. Quindi di fatto รจ un: paga e poi, forse, si vede. Nel “decreto sviluppo” che si vota la prossima settimana in Parlamento i giorni entro i quali si deve pagare si allargano da 120 a 180. Poco, ma meglio di niente. Qualcuno aveva proposto: un anno di tempo. Ma cosรฌ si rischiava di tornare all’antico: prima discuto, ricorro e poi, forse, pago l’anno del mai e il giorno del poi.
Minore brutalitร da parte del fisco anche nelle contro misure per chi con il fisco ha debiti: se sotto i duemila euro niente sanzioni immediate ma solo “avviso bonario”, cioรจ paga con le buone e non con le cattive. Le “cattive”, ganascia fiscale e e pignoramenti su casa e conti correnti, saranno dosate: fino a 20 mila euro di debiti con il fisco la casa sarร solo pignorata e non messa “all’incanto” cioรจ venduta all’asta e qualcosa del genere si farร per i conti in banca. Resta irrisolta la pratica, da Equitalia negata ma da Equitalia talvolta praticata, di muoversi di fatto di nascosto, senza avvertire il contribuente che si ritrova “ganasciato” e pignorato senza essere stato avvertito. Tutto questo il Corriere della Sera lo sintetizza in due titoli: “Fisco piรน leggero” e “Il fisco allenta la presa”. Il primo titolo sintetizza troppo, fino aย diventare inesatto: il fisco non chiederร domani un euro in meno di quanto chiede oggi. Il secondo titolo รจ invece corrispondente alla realtร : “allenta la presa”, vuole gli stessi soldi di prima ma “stringe” di meno il contribuente e anche purtroppo l’evasore.
