ROMA – Che manovra è quella licenziata dal governo Monti? Le cifre dicono che su 30 miliardi lordi di ammontare complessivo, ci sono nuove entrate, cioè tasse, per 17 miliardi e tagli alle spese per 13 miliardi. Equità, crescita e rigore nei bilanci, questa è la triade continuamente evocata dal presidente del Consiglio quali principi ispiratori del decreto che lui stesso ha voluto chiamare “salva-Italia”. Monti ha sottolineato con forza che non ci sono condoni fiscali e molte riforme hanno valore strutturale. Dunque: 20 miliardi sono destinati al consolidamento finanziario con l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013. 10 miliardi è la quota di risorse destinate al sostegno dello sviluppo. Chi apprezza le misure è stato persuaso dall’inevitabilità della “catastrofe” imminente evocata da Corrado Passera, chi le contesta rileva un profilo poco incisivo sulla crescita e il pericolo di una spirale recessiva di contrazione dei consumi.
Come primo intervento del governo l’ago è spostato di più sulle tasse che non sui tagli: i colleghi/commentatori del Corriere della Sera che contestavano soprattutto il paventato innalzamento delle aliquote Irpef scomparso dalla manovra ufficiale sono stati accontentati solo parzialmente. Il ribasso alle stime di crescita ha costretto il governo a un salasso ulteriore: le nuove stime indicano una crescita negativa nel 2012 (-0,4%) e vicina allo zero nel 2013. Quindi Monti ha fatto più di quanto richiesto dall’Europa.
L’obiettivo di spostare la tassazione dalle persone alle cose è stato perseguito con la reintroduzione dell’Ici nella sua versione Imu, con la defiscalizzazione dell’Irap per le imprese, con l’aumento dell’Iva a settembre 2012 quale clausola di salvaguardia nel caso non andassero in porto i risparmi previsti. Il precedente paracadute consisteva nel taglio lineare su tutte le agevolazioni, detrazioni, sconti noti come tax expenditures. Rispetto allo stesso principio associato alla ricerca di equità, possiamo definire una piccola patrimoniale la tassazione tramite bollo di tutte le operazioni finanziarie, non limitate ai conti correnti ma estese a tutto il dossier titoli come i fondi assicurativi o in genere quelli che assicurano un rendimento. Allo steso modo va visto il prelievo dell’1,5% sui capitali scudati e l’aumento delle tasse sul lusso come barche e automobili di grossa cilindrata.
I tagli alla sanità sono stati sostituiti dal conferimento alle regioni della possibilità di innalzare la propria quota Irpef di un terzo di punto percentuale. Il trasporto pubblico sarà finanziato come prima grazie al maggiore prelievo fiscale sulle accise della benzina. Sul fronte dei tagli alla casta la sforbiciata maggiore va alle Province: era impossibile eliminarle per decreto, per ora sono state soppresse le giunte provinciali e il numero dei consiglieri. Cancellato il doppio stipendio di chi siede al Governo, Monti ha deciso individualmente di rinunciare al suo emolumento come primo ministro, decisione che però non impegna i suoi colleghi.