Nei giorni scorsi è venuto in soccorso di Marchionne il premier Silvio Berlusconi. Il presidente del consiglio ha preso le difese dell’amministratore delegato Fiat dopo le sue parole domenica sera alla trasmissione “Che tempo che fa”. Marchionne aveva detto che la “Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l’Italia”.
“Marchionne ha detto la verità dell’oggi e del domani”, ha spiegato il premier, e la Fiat “si trova a gestire stabilimenti con alti costi e con sindacati che limitano le scelte. In Paesi come la Cina o l’India la manodopera costa meno ed è meno soggetta a direttive sindacali. E magari lavorano anche dodici ore al giorno. Ed è un fatto da apprezzare che un imprenditore resti in Italia”.
Berlusconi non si è poi fermato qui, ma ha anche risposto a tutti quei politici ed esponenti dell’economia che hanno accusato Marchionne di aver dimenticato gli aiuti di Stato ricevuti dal Lingotto, al pari di non pochi concorrenti stranieri. L’amministratore delegato, ha commentato il premier, “non ha negato che la Fiat ha avuto aiuti dall’Italia, tutti sappiamo che è stata molto aiutata”. Il punto, ha aggiunto, è il costo del lavoro. E ancora: “Se sono un industriale che resta in Italia per un sentimento patriottico, è un fatto da considerare positivamente e da apprezzare perché in India e Cina avrei condizioni più favorevoli”.
Le dichiarazioni di Sergio Marchionne sulla scarsa produttività degli stabilimenti italiani della Fiat potrebbero invece avere conseguenze molto concrete nei prossimi anni. Questo perché l’ad nei suoi interventi delle ultime settimane ha esplicitamente paragonato le fabbriche italiane a quelle polacche e brasiliane. In aprile Marchionne aveva garantito, presentando il suo piano dei prodotti, che entro il 2014 la Fiat avrebbe prodotto in Italia 1,4 milioni di automobili più che raddoppiando le 650 mila che, complice la crisi, realizza oggi.
Che cosa accadrebbe dunque se negli stabilimenti italiani i 22.000 attuali dipendenti si mettessero a produrre al ritmo dei loro colleghi polacchi e brasiliani? Oggi in Italia ogni lavoratore produce 29,4 auto all’anno contro le 77 dei brasiliani e le 100 dei polacchi. La vistosa differenza è legata anche al massiccio ricorso alla cassa integrazione degli ultimi mesi. Prima della crisi gli stabilimenti italiani producevano circa 900 mila automobili all’anno e dunque senza la cassa integrazione ogni addetto italiano produceva circa 40 automobili all’anno. Molto al di sotto, comunque, dei suoi colleghi stranieri.