Anche il quotidiano Il Riformista ha trovato sgradevole l‘intervista di Fazio a Marchionne e si chiede: “Ma a Fazio chi gliele ha scritte la domande?”. Ecco cosa ha scritto il quodiano a proposito della scialba intervista a Marchionne:
L’unico atto d’imperio di Fabio Fazio è stato interrompere una delle risposte più intriganti di Marchionne. Che stava spiegando il suo sfogo sull’Italia «senza senso delle istituzioni» e «senza bussola» e il sibillino «qualcuno ha aperto i cancelli dello zoo». Uno sfogo che qualche blasonato quotidiano amico si è sforzato, con notevoli contorsionismi, di attribuire a qualsiasi cosa non fosse la politica. Ebbene. A Che tempo che fa l’ad di Fiat ha cominciato a chiarire che sui giornali «ne escono di tutti i colori». Con il risultato «che è completamente impossibile capire dove sta andando questo paese. Parlano tutti. E le differenze magari sono sottili». Stava aggiungendo qualcosa. A noi giornalisti scivolati nel frattempo sull’orlo del divano, non pareva vero che cominciasse a fare, magari, nomi e cognomi. Invece Fazio l’ha interrotto. Con la seguente domanda: «Lei però ha il doppio passaporto». Perché «però»?
Tre domande per Marchionne. Primo: che cosa ci farà mai, Sergio Marchionne con 20 miliardi di euro che ha promesso dalla primavera scorsa di investire in questo misero paese? Per ora, come ricorda anche il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, a questo giornale, sappiamo di 700 milioni di euro da investire a Pomigliano. E il resto? E gli altri 19 miliardi e 300 milioni di euro dove andranno?
Secondo: dopo una dozzina di assist, forse anche il più ottuso dei giornalisti avrebbe reagito ai continui “pizzichi” contro il governo del top manager Fiat. L’Italia non è più competitiva, ha detto a più riprese, aggiungendo che il Lingotto ha fatto la sua parte ma che negli altri paesi ci sono stati incentivi o altri modi per aiutare l’auto, insomma che i governi hanno aiutato il settore. Non solo. Quando Fazio gli ha ricordato timidamente che ci sono stati anche in Italia gli incentivi, Marchionne ha risposto che hanno aiutato i consumatori, mica Fiat, visto che sette su dieci hanno comprato una macchina straniera.
Le domande, a quel punto, sarebbero state ben due, in teoria. Primo: cosa hanno fatto i governi degli altri paesi e che lezione può trarne l’inerte governo Berlusconi, non solo per il settore automobilistico, ma per la competitività in generale?
Seconda, ben più intrigante: se sette italiani su dieci non scelgono un modello Fiat, vuol dire che c’è anche un problema di competitività che riguarda nello specifico le automobili, il loro appeal, e dunque il lavoro dell’amministratore delegato della Fiat? Dunque, dov’è, ad esempio, la “Fiat Uno” o la “Fiat Panda”, insomma il modello vincente dell’era Marchionne?
(Alessandro Avico)