Marchionne. E poi…
Fino ad oggi le citazioni di Sergio Marchionne riflettevano in pieno l’eccentricità del personaggio. Frasi tratte da Alice nel paese delle meraviglie, dagli scritti di Karl Popper o, addirittura, da battute di Al Pacino.
Il risicato “si” ottenuto a Mirafiori sembra aver mutato anche questo aspetto della personalità dell’amministratore delegato della Fiat che bolla come una “ciofeca” (caffé di pessima qualità e, per estensione, schifezza) la incapacità dell’azienda di comunicare le sue ragioni.
Segno di un certo nervosismo nell’affrontare temi ancora più difficili di quelli relativi al riassetto degli stabilimenti. Perché ora è finalmente arrivato il momento di parlare di prodotto e, di conseguenza, della progressiva divaricazione tra gli obiettivi di “fabbrica Italia” e la inarrestabile perdita di quota all’interno del mercato europeo.
La strategia dell’annuncio e della sua reiterazione che ha funzionato così bene in borsa potrebbe non reggere di fronte ad un anno che sarà inevitabilmente scandito, mese dopo mese, da segni meno di fronte alle vendite del Lingotto. Perché se è vero che queste si confronteranno con un 2010 depresso dalla fine degli incentivi, è altrettanto vero che la carenza di prodotto si farà sentire in maniera determinante. Al punto tale da minare dalle fondamenta quella strategia che considera il mercato alla stregua di una variabile indipendentemente: “inutile lanciare modelli in assenza di domanda” afferma convinto Marchionne.
Ma intanto la concorrenza ha guadagnato quote e recuperarle, in una situazione di super affollamento come quello attuale, è tutt’altro che automatico. Anche perché alla riduzione delle quote in Europa corrisponde una accresciuta fragilità della rete di vendita ormai nelle mani dei “multimarca” con tanti saluti all’immagine del prodotto.
Al salone di Ginevra, a marzo, debutteranno la nuova Ypsilon che però in produzione andrà solo a giugno e la Panda prodotta a Pomigliano a 2012 avanzato e solo nel 2013 arriverà la nuova Punto. Del modello destinato a succedere alla Bravo si sa poco o nulla.
Quello che è certo, ha detto Marchionne, è “che non sarà più un modello destinato a fare solo tappezzeria come è accaduto fino ad oggi”. Ma un annuncio, sia pure del manager più credibile del mondo, non fa un modello vincente in un settore nel quale la Fiat ha giocato sempre il ruolo della comparsa. Difficile, d’altra parte, che la Chrysler 300 C travestita da Lancia possa fare la differenza e che i modelli della casa americana possano supplire alle carenze.
Trasformare una Dodge Journey in un crossover Fiat (dovrebbe chiamarsi Freemont) è una operazione rischiosa, visto che in Europa questo modello non supera le 300 unità vendute al mese. E, più in generale, il trasferimento di modelli concepiti per gli Usa in Europa quasi mai ha avuto successo. Il consumatore americano, infatti, cerca prodotti più semplici ma a prezzo decisamente più contenuto dei loro omologhi europei. Basti pensare che una ammiraglia come la Chrysler 300c viene venduta al di sotto dei 20.000 dollari. Quando questo tipo di vettura varca l’oceano viene sottoposta ad “arricchimenti” necessari per reggere il confronto con la produzione locale ma che ne fanno lievitare il prezzo.
Risultato: vetture che fanno fatica ad entrare nel paniere di chi compra questo tipo di macchine.