Dal 2005 al 2010 sono aumentate le addizionali Irpef nella maggior parte dei capoluoghi italiani. A dare la notizia è “Libero”.
Le addizionali regionali e comunali sono cresciute in media del 43 per cento in cinque anni. Su 118 città capoluogo prese in esame grazie ai dati del Dipartimento Finanze del ministero dell’Economia, ben 91 hanno visto aumentare sensibilmente la tassazione addizionale Irpef, ossia l’incremento che viene deciso dai singoli comuni.
Una sola, la città di Lodi, ha invece diminuito la pressione fiscale locale dell’11,76 per cento grazie al fatto che non è variata l’Irpef della Regione Lombardia e che è stata dimezzata quella comunale (passata dal 0,4 per cento allo 0,2 per cento). Anche per altre 26 città la pressione risulta oggi invariata rispetto al 2005 o perché non ci sono stati ritocchi o grazie alla compensazione “a costo zero” che è avvenuta tra la Regione e il Comune.
Sono nove i capoluoghi di provincia in cui la pressione fiscale ha invece raggiunto il tetto massimo del 2,2 per cento previsto dalla legge (1,4 per cento per l’addizionale Irpef regionale e lo 0,8 per cento per quella comunale). Queste città sono: Benevento, Campobasso, Catania, Cosenza, Imperia, Messina, Novara, Rieti e Siracusa. Tra queste c’era anche Palermo che però da qualche giorno ha deciso di dimezzare per il 2010 l’aliquota Irpef portandola dallo 0,4 per cento allo 0,2 per cento.
Sono quattro poi le città in cui la pressione fiscale locale si è almeno raddoppiata, tutte del Mezzogiorno. Il record va a Caltanissetta (più 122,22 per cento), seguita da Lecce (116,66 per cento) Catania e Ragusa (100 cento) , mentre Pescara si avvicina molto col 98,8 per cento.
Anche in altre 23 città la situazione non è delle migliori: qui, la pressione fiscale è aumentata più del 50 per cento. Ci sono comunque anche quattro città che hanno optato per un addizionale comunale uguale a zero, tutte al nord: Brescia, Milano, Trento e Venezia. Qui si paga solo l’Irpef dovuta secondo il reddito e la quota minima dello 0,90 per cento stabilità per legge.
Altri comuni capoluogo infine, scontano una pressione fiscale sopra il 2 per cento senza raggiungere però il tetto massimo. Queste città sono: Ancona, Ascoli Piceno, Bologna, Caltanissetta, Chieti, Crotone, L’Aquila, La Spezia, Latina, Salerno, Sondrio, Varese e Vibo Valentia.
Il Fisco quando vuole riesce anche ad avere un cuore, non riuscendoci però fino in fondo. Così se a L’Aquila e in tutti i comuni terremotati le imposte sia locali che nazionali sono congelate, un cartello scritto con caratteri microscopici avverte: «Si precisa che, pur in presenza della proroga della sospensione, i pagamenti spontanei non sono inibiti e che, se effettuati, non sono rimborsabili». Così se qualcuno tra gli abitanti dei comuni terremotati pagasse le tasse per sbaglio, non riceverà nessun rimborso.