PARIGI, FRANCIA – La Francia rimane ancora una volta a bocca asciutta al Tour de France, dopo aver assaporato a lungo la vittoria con Julien Simon, l’Italia invece trionfa.
Lione porta decisamente fortuna ai colori italiani. Dieci anni fa proprio qui vinse Alessandro Petacchi, sempre dello spezzino tre anni fa l’ultima vittoria al Tour de France.
Ed è stato un altro sprint a regalare ancora un sorriso dopo settanta tappe: quello vinto con consumata freddezza da Matteo Trentin, 24enne trentino, giovane gregario di Mark Cavendish. Una bella impresa davvero, la prima in un giro dove gli italiani si sono visti pochissimo: il primo in classifica, Davide Malacarne, è 30/o a quasi 27 minuti dalla maglia gialla.
Nelle volate di ‘Cannonball’ è lui a lanciargli la volta, questa volta senza il suo capitano ha fatto tutto da solo e ha vinto lui sfruttando la sua maggiore freschezza rispetto ai compagni di fuga. Ha tagliato il traguardo mettendosi le mani sul caschetto quasi incredulo, bruciando negli ultimi metri lo svizzero Michael Albasini, lo statunitense Andrew Talansky e lo spagnolo José Joaquin Rojas.
Trentin era l’unico italiano del gruppo di corridori protagonisti oggi della fuga che ha infiammato la 14/a tappa fin dal primo dei 191 km da Saint Pourçain sur Sioule a Lione.
”Oggi ho fatto un po’ il furbo – ha detto alla Rai – dopo il lavoro immenso di ieri”. Subito dopo il traguardo tutti i suoi compagni di squadra sono andati a festeggiarlo, compreso Cavendish, che lo ha abbracciato. ”Dopo la vittoria – dice Trentin – è la cosa che mi ha fatto più piacere”’.
L’ultimo successo italiano al Tour risaliva al 7 luglio 2010, quando Petacchi vinse lo sprint della quarta tappa, da Cambrai a Reims, imponendosi sul neozelandese Julian Dean e il norvegese Edvald Boasson Hagen. ”Stupendo, stupendo – gioisce l’italiano – E’ la mia prima vittoria dopo due anni da professionista. Ed è avvenuta nel posto migliore dove tutti ti possono vedere”.
Negli ultimi chilometri gli è girato tutto nel verso giusto. ”Sulla penultima salita ho rischiato di saltare per crampi – racconta – Poi ho preso il treno giusto, ho aspettato gli ultimi 200 metri, da quella distanza so che posso fare un bello sprint”. E così è stato. A un chilometro lui e gli altri fuggitivi hanno ripreso Simon, che era scattato solitario ai -14 dall’arrivo.
Lo svizzero Albacini è stato il primo a raggiungere il francese, e quando è partito lo sprint il trentino era dietro. Poi, ai -200 metri è partito come una scheggia. Sapeva di essere il più fresco: nella fuga si è un po’ fatto trascinare non collaborando piu’ di tanto dopo le fatiche di ieri.
Una fuga la loro partita dal chilometro zero e durata fino al traguardo. Il gruppo maglia rosa ha retto per novanta chilometri, poi si è rialzato e ha lasciato fare arrivando con oltre sette minuti di ritardo. D’altronde il migliore dei 18 di testa, l’americano Talansky, in classifica era 17/o a oltre 13 minuti dalla maglia gialla Chris Froome, che resta saldamente in giallo. Ma domani c’è il Mont Ventoux.
E’ la tappa regina di questo Tour, per storia e tradizione. Lassù sono state scritte alcune delle pagine più belle del ciclismo mondiale, come le vittorie di Pantani.
E anche le più tragiche: come la morte in diretta di Tom Simpson nel 1967. Una tappa di forte impatto emotivo in grado di stravolgere una classifica.
Froome lo sa ed è proprio lì che si saprà se il britannico è davvero – come sembra – il più forte di questo Tour del Centenario.
Il servizio fotografico di LaPresse.