ROMA – Negozi chiusi nei giorni festivi, almeno nei più importanti, Sono, sarebbero, saranno ben dodici i giorni di chiusura obbligatoria se passa ( e sta passando, è a un passo dal traguardo) la legge ricala saracinesche. Dodici e non sono pochi, anche se qualcuno vorrebbe includere anche i compleanni degli amici, e tanti saluti alle liberalizzazioni e alle aperture che avevano fatto gli interessi e la comodità dei consumatori. Il disegno di legge che cancella la libertà di apertura per tutti i negozi introdotta dal governo Monti viaggia spedito in Parlamento nonostante alcuni pareri contrari come quello, interessato, di Confimprese e quello, oggettivo, dell’Antitrust, sostenuto da quella che potrebbe essere definita come la “santa” alleanza del passo indietro. Alleanza di fatto tra Lega Nord, M5s, Confcommercio, Confesercenti, Cgil, Cisl e Uil e Chiesa cattolica italiana.
La Lega Nord è arrivata a proporre non dodici ma sessanta giorni di chiusura obbligata, M5S si è limitata a raddoppiare i dodici, portandoli a 24. La Cei, la Conferenza episcopale italiana, non ha fatto numeri precisi ma la sua ferma opposizione ai negozi aperti di domenica, se tradotta in emendamento, farebbe 52 chiusura all’anno più i giorni dei santi. Cgil guida lo schieramento sindacale del ricala saracinesca in nome e per conto dei lavoratori del settore che i sindacati organizzano. Favorevoli alla chiusura obbligatoria anche e soprattutto i piccoli commercianti. Tutti insieme compongono la “santa” (benedetta dalla Chiesa) alleanza per smontare una delle non molte cose utili lascito del governo Monti.
Capodanno, Epifania, 25 aprile, Pasqua, pasquetta, primo maggio, 2 giugno, 15 agosto, primo novembre, 8 dicembre, Natale e Santo Stefano. Secondo le nuove norme, tornate da ieri al vaglio della Commissione Industria del Senato, le saracinesche dovranno rimanere abbassate in questi giorni obbligatoriamente. Con i nuovi vincoli che varranno per tutti, nessuno escluso, compresi i Comuni turistici e con un’unica eccezione: “ciascun esercente può derogare all’obbligo di chiusura, fino ad un massimo di sei giorni, dandone preventiva comunicazione al Comune”. Quindi almeno 6 giorni di chiusura toccano a tutti.
Solo bar e ristoranti non avrebbero alcun vincolo (ma più realistico sarebbe usare il futuro e non il condizionale, e quindi ‘non avranno alcun vincolo’) ma ai sindaci è affidato il potere di definire una differente regolazione delle aperture selezionando aree specifiche, nel mirino innanzitutto le zone destinate alla movida, con ordinanze che hanno valenza di tre mesi. In altre parole bar e ristoranti esclusi, ma sino a pronunciamento del sindaco. Pesanti le sanzioni: multe da 2 a 12mila euro per chi non rispetta i 6 giorni di chiusura, da 1 a 10 giorni di stop per chi commette due infrazioni in un anno.
A sostenere questo ritorno al passato, un ampio fronte parlamentare, i sindacati e le associazioni dei commercianti. Contrari i citati Confimprese e l’Antitrust oltre, ovviamente, ai milioni di persone che nei negozi vanno come consumatori e che erano ben felici di poter fare acquisti quando normalmente non sono in ufficio. Ma nel Paese dove la più importante industria del divertimento, cioè il campionato di calcio, chiude durante le festività, non deve stupire questo. O almeno non quanto stupì, ai tempi di Monti, la decisione inversa, e cioè quella di liberalizzare le aperture come avviene in molti paesi europei.
E se per l’obbligo di chiusura è praticamente solo questione di tempo (e si mettano l’anima in pace quelli che dovranno fare acquisti nei ritagli di tempo e di corsa perché i negozi sono chiusi durante i festivi) perché, come scrive Paolo Baroni su La Stampa,
“ieri è iniziata l’illustrazione degli emendamenti presentati a luglio quindi, dopo gli ultimi pareri (governo e commissione Bilancio), si procederà con le votazioni in modo tale da definire entro la prossima settimana il testo finale e quindi passare la palla all’aula”,
c’è anche chi vorrebbe di più. Il Movimento5Stelle ad esempio vorrebbe, per bocca di Gianluca Castaldi e Gianni Pietro Girotto, raddoppiare i giorni di chiusura obbligatoria aggiungendo 12 giorni ai già previsti 12. Di più ancora vorrebbe invece la Lega che con il senatore Nunziante Consiglio ha proposto di aggiungerne altri 48 di giorni.
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