Il partito sembra scollato, come una zattera che le Primarie hanno sbattuto sugli scogli, quelli che Bersani-Crozza, nella loro gag, non “sono venuti a smacchiare”, ma che sembrando sempre più appuntiti sotto la chiglia del galeone di Marco Doria.
E a destra? Qui c’è da osservare un inabissamento ancora più deciso. Il candidato Pierluigi Vinai, tra l’altro non genovese, particolare che non va tanto giù, scelto dopo una raffica di “no” a una raffica di candidatura di imprenditori, liberi professionisti e manager, scelto per disperazione l’ultimo giorno utile, fa una campagna molto tranquilla, si sente protetto dalla sua affiliazione all’Opus Dei. Non passa giorno senza che indirettamente, strofinandosi le mani e gli anelli pretescamente, Vinai non dimostri, con prese di posizione più misurate sulla tonaca della Curia e sulle ispirazioni dei cardinali Tarcisio Bertone, segretario di Stato e Angelo Bagnasco, arcivescovo genovese e presidente Cei che su un programma di amministrazione della città, il suo status di candidato clerico-politico. Povero Vinai, che potrebbe fare di diverso? Il suo aruspice, Claudio Scajola, il leader non solo di riferimento, ma il talent scout della sua carriera, è impallinato tutti i giorni dalle vicende imperiesi e non può certo fare un solo passo in direzione del suo candidato. Se lo facesse lo zavorrerebbe ancora di più, di quanto già non sia.
E, quindi, chi può supportare da Destra il candidato favorito dagli scollamenti democratici? La Liguria è terra bruciata per la Pdl. L’unico uomo forte, il senatore Luigi Grillo, nemico numero uno di Scajola, eletto fuori dalla Liguria, è stato il sostenitore di tutte le candidature precedenti a quella forzosa del Vinai.
Per beffa del vocabolario l’ultima di queste era stata per un Carneade, tal Gianfranco Vinacci, manager genovese trasferito a Milano, bocciato da Scajola&Co: tolte le due “C” dal cognome, Vinacci è diventato, appunto, Vinai.
Lo stesso Alfredo Biondi, ultima vecchia gloria della Pdl e di Forza Italia, parlamentare per nove legislature, ha pubblicamente annunciato il suo appoggio a Musso.
Anche la Lega ha i suoi guai, pur avendo schierato uno dei candidati più pimpanti, il giovane Edoardo Rixi, consigliere regionale. Belsito e i suoi affari pesano come un macigno anche sulla Lega genovese e ligure per la quale questo signore quarantaquattrenne, nato nel quartiere periferico di Quezzi, inspiegabilmente divenuto tesoriere ed anche sottosegretario al Governo Berlusconi, era una specie di sconosciuto, uno da andare a chiedere di cercarlo in tv nel programma “Chi l’ha visto?”, tanto era partecipe delle emergenze genovesi, compresa quella altamente drammatica della Fincantieri, della quale, per altro, il Belsito era stato anche vicepresidente.
Ci deve essere un destino segnato nel fatto che l’inizio della fine per Belsito parte proprio da Genova, dove il quotidiano Secolo XIX, con due suoi giornalisti, Claudio Mangini e Giovanni Mari, scopre l’operazione Tanzania, facendo deflagrare la Lega…..Genova periferica e baricentrica.
Sotto la cifra del 45 per cento di possibili “non voto”, gli ultimi sondaggi indicano un Doria che scende al 47 per cento e si allontana quindi da un possibile successo al primo turno e un Musso che sale al 24 per cento con Vinai al 13 per cento. I grillini con il leader Beppe Grillo, un po’ in smobilitazione, sarebbero capaci di portare via almeno un 6 per cento alla sinistra nel primo turno sono la raffigurazione dell’antipolitica sulla scena genovese.
Ma è tutto il quadro che è diventato violentemente antipolitico e antipartitico e allora chi può approfittare dello sconquasso è ancora il senatore Musso, il civic, ammesso che la sua vecchia appartenenza e il suo strappo da Berlusconi non lo facciano mettere nel mucchio. Intanto con lui si schierano non solo i silenziosi dissidenti Pd, ma anche alcuni dei nomi più altisonanti della città, come Gino Paoli, il grande cantautore che fu anche deputato Pci, notoriamente uomo di sinistra, la Jena Luca Bizzarri, star tv di prima grandezza, un grande totem della Rai, come Arnaldo Bagnasco, l’inventore di Mixer. Non solo, insomma, quattro amici al bar.